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berale; l’Orlandini è un giovine che vive come può dando lezioni.„

Quasi tutti codesti giudizî erano esagerati o addirittura falsi; ma quell’aria di soddisfazione che trapelava dal rapporto, benchè taluno vi avrebbe potuto rinvenire un certo non so che d’amaro, mise di buonumore il Bologna, il quale con tono di convinzione che non doveva andare al di là delle labbra, scrisse il 4 aprile al Paüer: „Il pranzo a Livorno ebbe un esito meschino e ridicolo anzichè no, e il martire protagonista non sembrò rimanere soddisfatto e si tenne serio e malinconico. (Ecco, la melanconia l’aggiungeva di suo il sor Presidente!) Il detto D’Azeglio avrebbe voluto gingillare forse anche a consiglio dell’autore del Gingillino (quanto spirito in S. E. Bologna!) per differire la partenza, e per gettarsi nel solito granaio lucchese; non di rado il temporeggiare giova, ed ha giovato, parmi, anche nel caso nostro, tenendo a rimuovere non poca parte del prestigio (che meschinità di propositi in un’Eccellenza!), che procurò al D’Azeglio la prima mossa del Governo. Si è detto ch’egli si stia preparando il ritratto in litografia, e che tra i faccendieri anche per questa nuova dimostrazione siavi il prof. Montanelli.„

Finalmente la Polizia potè respirare. Massimo d’Azeglio, il 4 aprile, s’imbarcò sul battello a vapore Maria Cristina facendo rotta per Genova.

Il 6 dello stesso mese un’ordinanza del Presidente del Buon Governo, diramata alle autorità di polizia, interdiceva all’autore della Disfida di Barletta di rientrare negli Stati del Granduca.

Non venne, intanto, meno la caccia che si dava all’opuscolo. Già della prima edizione fatta eseguire clandestinamente da Felice Le-Monnier, erano stati sequestrati cinquecento esemplari; ed avendo saputo la Polizia che nella ti-