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Luigi Mannelli, Lorenzo Foresti, di Piacenza, il marchese Tempi, Gaspare Bonci, G. B. Vieusseux. Il marchese (sic) D’Azeglio partì la scorsa mattina alla volta di Pisa e Livorno, e prima della partenza furono a salutarlo molti di quelli intervenuti al pranzo, durante il quale il D’Azeglio disse ridendo: „Adagio colle bottiglie di Sciampagna; non voglio che questi giovani si riscaldino troppo la testa!„

Un incidente, intanto, era accaduto durante il banchetto, e che offrì materia a molti commenti da parte dei liberali.

Diffusasi la notizia dell’ordine di sfratto intimato al D’Azeglio, la gioventù toscana, specie quella di Pisa, avvampò di sdegno. Parve ad essa che quello sfratto ingiunto a chi aveva rivolto parole di prudenza ai popoli ed ai principi, fosse una strana ed inesplicabile arte di governo. Cosicchè, se la pubblicazione dell’opuscolo aveva cattivato al D’Azeglio le simpatie di tutti gli uomini onesti e ragionevoli, l’odiosa misura che lo colpiva non fece che vieppiù aumentare codesta simpatia. Il D’Azeglio, in quei giorni, poteva dire giustamente d’essere diventato l’uomo più popolare d’Italia, specie che Giovanni Mastai-Ferretti non era ancora uscito dalla sua oscurità per relegare nell’ombra, o per lo meno nel secondo piano, le rumorose e spesso effimere riputazioni che si andavano formando in quei primordi del risorgimento italiano. Difatti, saputosi a Pisa insieme alla nuova dello sfratto che il D’Azeglio avrebbe attraversato quella città per andarsi ad imbarcare a Livorno, la gioventù universitaria dichiarò che si sarebbe recata in corpo a ricevere fuori porta l’illustre uomo. Simile giovanile proposito non poteva piacere nè all’autorità pisana, nè al Governo centrale; e l’auditore del Governo, informando il 28 marzo il capo della Polizia del Granducato delle onoranze decretate al D’Aze-