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i presuntuosi, avevano occhi e non vedevano, avevano orecchie e non udivano.
Il 16 marzo il Bologna scriveva al ministro Paüer: „Ieri diedi nuovamente cenno a S. A. I. e R. della convenienza di ritirare al D’Azeglio la carta di soggiorno che gli scade il 28 stante, prevenendolo qualche giorno prima che non potendogli essere prorogata occorre che si disponga a partire. Porgendole questa notizia, prego la di lei bontà a considerare, se potesse convenire ch’ella prendesse questa mattina dall’I. e R. A. S. ordini positivi sopra questo proposito, ritenendo io che sia indispensabile il sollecito allontanamento di questo pericoloso e sfacciato (sic) forestiero.„
Il Paüer non se lo fece dire due volte, e lo stesso giorno ottenne dal Granduca (il quale, poveretto! pare che se ne vivesse rincantucciato a Palazzo Pitti per mettere la sabbia sui provvedimenti presi dai suoi ministri) l’ordine di sfratto del D’Azeglio, che lo stesso giorno, a tamburo battente, fu comunicato all’autore della Disfida di Barletta, all’albergo di Porta Rossa, ove egli aveva preso alloggio.
Il D’Azeglio, la sera di quel giorno medesimo, rispondeva al capo d’ufficio dei passaporti col seguente biglietto:
„Il sottoscritto ha l’onore di accusarle ricevuta del di Lei foglio in data 19 corrente, col quale lo avverte non esser per prorogarsi la carta sua di soggiorno scadente il 26 detto.
„Ringraziandola dei termini cortesi di tale partecipazione, ha l’onore di dirsi
Dev.mo obbl.mo servo |
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L’indomani (20 marzo) l’Ispettore di Polizia scriveva al Presidente del Buon Governo: „Il conte (sic) Massimo