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Ma il principe Luigi Napoleone, benchè un pietoso dovere non lo chiamasse più in Toscana, continuò ad accarezzare il suo vecchio disegno di recarvisi, magari di nascosto. A quale scopo? Certamente allo scopo di penetrare di là nelle Romagne sempre pronte ad insorgere, ed innalzarvi il vessillo della libertà e dell’indipendenza, come precisamente aveva fatto insieme al fratello quindici anni innanzi.

Sconfitto in Francia sul terreno delle avventure più o meno imperiali, si sarebbe presa così la rivincita in Italia nel campo più glorioso della rigenerazione d’un popolo. Peraltro, l’Italia, in quel momento, era moralmente in piena rivoluzione.

La recente elezione di Pio IX, aveva dato un colpo terribile alla reazione, e sarebbe bastato che un uomo dal nome glorioso avesse gettato un grido di libertà, perchè le Romagne si fossero trasformate in un vasto focolare d’insurrezione.

E che questi, o presso a poco questi, fossero i disegni del principe, si può dedurre dall’attività spiegata in quei giorni dal ministro di Francia in Toscana, sia per tenere informato il Governo granducale dei movimenti di Luigi Napoleone, sia per provocare dai ministri di Leopoldo misure energiche allo scopo d’impedire al principe l’ingresso nel Granducato, ove egli si fosse presentato, come n’era credenza, con un nome falso.

Il 28 settembre 1846, difatti, una nuova ed energica nota fu diretta al Governatore di Livorno, nonchè a tutti i commissari e vicari regi delle città e paesi di frontiera, perchè respingessero, qualora si presentasse, il principe.

Il principe Luigi Napoleone non era stato che da giovinetto in Toscana. Fra il 1818 e il 1819, aveva soggiornato per alcuni mesi, insieme al padre, a Montughi, la verde e deliziosa collina che sorge a Firenze, appena fuori porta San Gallo. Più tardi, nel 1823, v’era ritornato, ma per poche settimane, insieme a sua madre, la bella Ortensia, l’ex-regina d’Olanda. Capì quindi il Governo che ove il principe si fosse presentato sotto un falso nome alle au-