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Dove diavolo ha imparato
Sulle carceri di Stato
Metter l’appigionasi?
Io per me voglio star alto,
Do i miei sudditi in appalto
Al fedel carnefice.
Tanta gente che passeggia
All’intorno della reggia,
Forma sempre ostacolo.
Gli è venuto la manìa
Di dar fuori l’Amnistia:
Son cose da principe?
I sovrani un poco accorti
Fan la grazia solo ai morti;
Come fece Modena.
Se quei birbi maledetti
Or dal papa son protetti,
Buona notte Italia!
Se per chiasso anche il Chiappini
Aiutasse i papalini,
V’è da andare a rotoli!
Ai bei tempi, mi ricordo,
Come andavasi d’accordo
Con papa Gregorio!
Io per me non ho paura,
Tengo il banco alla sicura
Finchè vive Metternich.
Ma se muore, piano piano
Me la batto, e vo a Milano
A riportar l’olio.
Or che a fare ha principiato,
Dio lo sa nel suo papato
Quante cose macchina!
Se non torna nei confini,
Vo veder se Lambruschini
Gli dà un po’ d’arsenico.
La Polizia, peraltro, non tardò a conciliarsi col Giusti. Difatti, in un rapporto dell’Ispettore di quello stesso anno 1846, leggiamo; „In mezzo alle ciarle politiche e alle pretese dei rivoluzionari, c’è chi pone in ridicolo le pretensioni dei fanatici (legga il lettore: liberali) essendo stata posta in circolazione la seguente poesia:
„— Eroi Eroi, |
„— Ponziamo il poi!„
E come si sa, il Giusti, di quest’ultima satira non rinnegò la paternità. E dal mettere in ridicolo il Gioberti, il Balbo, il D’Azeglio, il Salvagnoli, i quali allora erano gli uomini che ponzavano il poi, a quello d’inneggiare ai principi d’Italia che aveva vituperato, il passo era breve. L’anno seguente egli cantava in un carme diretto a Leopoldo II — il Toscano Morfeo:
Taccian l’accuse e l’ombre del papato
Di scambievoli orgogli acerbi frutti: