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non si trattasse di temporaneo e non lungo termine ed in linea di semplice salvacondotto.„

E pensare che allora in Toscana molti credevano e fra questi forse lo stesso Tommasèo1 che il Bologna, uomo pio, nemico di misure violenti, più d’una volta temperasse colla sua bontà i provvedimenti non sempre miti di qualche ministro! Il capo della Polizia coi suoi modi da gesuita era arrivato sino ad ingannare i suoi avversarî e a crearsi una riputazione che le sue azioni smentivano, come meglio sarà dimostrato quando tratteremo della consegna di Pietro Renzi alle autorità pontificie.

Il 4 luglio il Ministro degli affari esteri scriveva alla Presidenza del Buon Governo che „avuto riguardo alle testimonianze del Governo Cesareo sulla buona condotta tenuta dal noto letterato Niccolò Tommasèo, era stato superiormente approvato, che fosse permesso al detto Tommasèo di rientrare in Toscana. Devo altresì prevenirla che, come meramente provvisoria dovrà riguardarsi l’anzidetta riammissione del Tommasèo, il quale dovrà fare le pratiche consuete per ottenere una carta di soggiorno, giunto che sia a Firenze; e questa, limitata dapprima a soli tre mesi, potrà poi essere ritirata o rinnovata per più o minor tempo a seconda dei riscontri ch’Ella avrà della sua condotta.„

Il Tommasèo venne a Firenze, e come era da attendersi fu spiato dalla Polizia; la quale, peraltro, non ebbe da fare censura alcuna sulla condotta politica dello scrittore. Il Tommasèo era realmente venuto in Toscana per ragione di studî.

Intorno ad un altro soggiorno fatto dal Tommasèo in Toscana, troviamo che la Direzione Generale di Polizia delle Provincie Venete, in data 6 luglio 1846, scriveva al Buon Governo: „Che aveva accordato un permesso di tre mesi al signor Niccolò Tommasèo per la Toscana. Lo scopo da lui annunziato sarebbe quello degli studi prediletti di lingua italiana. Ma siccome i rapporti suoi con varî letterati im-

  1. La Polizia attribuiva al Tommasèo un articolo del Temps dove intorno al Bologna si portava il giudizio espresso nel testo.