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a Firenze, e spirata la carta di permanenza, vi soggiornasse ancora, fu perchè il ministro cesareo, dopo d’aver preso fuoco affinchè il Tommasèo fosse cacciato in bando, quando l’autore del Dizionario dei Sinonimi gli presentò il passaporto pel visto, trattenne quello e non accordò questo; e ciò non perchè, osservava la Presidenza del Buon Governo, si maturasse qualche cosa contro la libertà dello scrittore, ma perchè lo stesso ministro austriaco, smesse le prime furie, non sapeva più che pesci pigliare.

Ma, come abbiamo detto, il Tommasèo, interpretata sinistramente l’indecisione del ministro imperiale, lasciò senza passaporto la Toscana.

Ricoveratosi a Ginevra, cercò subito di mettersi in relazione col Mazzini, e l’ottenne.

Il Mazzini, colpito allora da un editto di sfratto dal cantone di Ginevra, se ne viveva nascosto in casa di un amico.

Qui il grande agitatore accolse il Tommasèo, a lui noto sopratutto per la parte avuta nella catastrofe che aveva colpito l’Antologia. Il genovese e il dalmata non si videro che una sola volta, ma con nessun frutto, senza che il primo potesse comprendere il cattolicismo soppannato di repubblicanismo del secondo, nè il secondo la repubblica con un Dio troppo campato fra le nuvole dell’altro. Il colloquio che ebbe luogo fra loro ci è narrato dallo stesso Mazzini in una lettera diretta alla sua tenera amica Giuditta Bellerio:

„Genéve, 2 avril 1834.

„Tu n’as donc pas reçu la lettre qui te parlait de mon entrevue avec Thomas (Tommasèo)....

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„Pour Thomas (Tommasèo) je ne l’aime pas..... Je