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cato. Venuto in Toscana nell’ottobre del 1827, egli si stabilì in Firenze; e come tutti i forestieri dimoranti nel Granducato, ottenne facilmente la carta di soggiorno, dapprima per due mesi, poi colla garanzia del Vieusseux, per sei mesi, sempre, alla scadenza, rinnovata. Avvenuta nel marzo del 1833 la soppressione dell’Antologia, al Tommasèo non fu ritirata la carta di soggiorno che gli era stata prorogata per l’appunto il 22 marzo, cioè, tre giorni prima del decreto di soppressione del giornale. Veramente il Governo avrebbe potuto subito ritirargliela, ma aspettò che scadesse per far sapere al Tommasèo, come d’allora in poi sarebbe stato impossibile accordargli una proroga. Difatti, risulta da una nota dello stesso Presidente del Buon Governo in data del 14 ottobre 1834, che il 12 ottobre 1833, cioè sette mesi dopo la soppressione dell’Antologia ed un mese dopo la scadenza della carta di soggiorno, il Tommasèo implorò una ultima proroga d’un mese allo scopo di poter sistemare i propri affari: e fu esaudito.

E scaduta la proroga di grazia, il Governo avrebbe chiuso gli occhi, come quasi ordinariamente in tali casi faceva, se il Tommasèo non avesse abbandonato clandestinamente la Toscana per rifugiarsi dapprima a Lucca, poi a Ginevra, dove cercò e conobbe il Mazzini, e infine a Parigi.

Furono precisamente i tentativi da lui inutilmente fatti per intendersi col Mazzini e gli scritti liberalissimi pubblicati in Francia, non che il decreto che lo proscriveva dall’impero austriaco, che resero ostile allo scrittore il Governo toscano. Quanto al sospetto sorto nell’animo del Tommasèo che i ministri del Granduca avessero già disposta l’estradizione di lui, esso non fu che un sospetto dello scrittore, e niente altro; nato, probabilmente, dalla stessa mitezza di modi adoperati verso di lui negli ultimi mesi del suo soggiorno a Firenze, e da esso interpretata come una specie di tranello preparatogli dal Fossombroni allo scopo di dar tempo alla cancelleria aulica e al ministro toscano d’ultimare le pratiche preparatorie alla consegna. Nel fatto, non si parlò mai d’estradizione; e se il Governo toscano tollerò che il Tommasèo, soppressa l’Antologia, restasse