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Un’accurata sorveglianza, a richiesta del Governo borbonico, fu esercitata nello stesso anno su Giuseppe La Farina.
La Polizia toscana non potè accertare altro come il La Farina, tutto occupato negli studi storici e nella stampa d’una sua opera, fosse persona tranquilla.
Un altro siciliano, che il sospettoso Governo napoletano faceva sorvegliare dalla Polizia, era Paolo Emiliani-Giudici. Anche il Giudici era venuto a stabilirsi a Firenze per ragione di studî. La Polizia lo pedinò, ma com’era naturale, non iscoprì nulla, che allora Firenze non era città ove potessero allignare congiure e imbastirsi moti insurrezionali; nè, peraltro, coloro che vi correvano allettati dalla mitezza del Governo erano tutti uomini d’azione, per quanto in materia politica non dividessero le idee del principe di Canosa. Difatti, il Giudici, appena arrivato, di notevole non fece altro se non di gettare alle ortiche la sua veste talare. Del resto era un uomo studioso, tutto intento a lavorare intorno alla sua Storia della letteratura italiana, e vivendo assai modestamente. Per arrotondare le sue scarse entrate (aggiungeva l’Ispettore di Polizia, nel suo rapporto del 24 maggio 1844) dava lezioni d’inglese.