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CAPITOLO XXXI.

La Società Letteraria.

L’indole dell’opera nostra non ci permette di fare una descrizione particolareggiata della società letteraria fiorentina, dalla restaurazione ai rivolgimenti del quarantotto. La materia, vasta e varia, ci trarrebbe oltre i nostri confini: epperò, nel presente capitolo, ne diremo quel tanto che a noi sembra poco conosciuto o affatto inedito, riservando un particolare studio ad alcune delle più alte individualità che brillarono in quell’epoca, come Niccolò Tommaseo, Giuseppe Giusti, Gino Capponi, anche perchè l’Archivio da noi consultato ci fornisce non pochi materiali per ricostituire le figure del filologo dalmata, del poeta pesciatino e del patrizio fiorentino.

Ripetiamo: qui non si fa una storia nè civile nè letteraria di Firenze; soltanto si spigola fra le memorie della Polizia Granducale.

Di Pietro Colletta, esule, noi abbiamo già parlato. I rapporti della Polizia ricordano che nella sua casa solevano radunarsi, in geniali conversazioni inframmischiate di discussioni politiche, i migliori ingegni che allora contasse Firenze, come il Capponi, il Niccolini, il Giordani, il Vieusseux, il Ridolfi. Il Capponi, che non coltivava soltanto le lettere, ma si atteggiava a Mecenate di letterati, volle graziosamente offrire al Colletta una sua villa fuori Porta San Gallo, ove il generale napoletano potesse, lontano dai rumori della città, portare a termine la sua famosa Storia del Reame di Napoli. Era il 1826; la rivoluzione del Portogallo agitava gli animi, e il Colletta nelle sue conversazioni col Capponi ed altri ne parlava con fuoco. L’Ispettore di Polizia, a cui siffatti discorsi erano stati riferiti, scri-