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P. Ma non si tratta che d’una comunicazione confidenziale.

(Sempre avevo parlato con calma; qui il sangue principiò a montarmi al capo).

V. Io sono dolentissimo della necessità di negare qualche cosa al Governo; se si trattasse di divertire S. A. I. e R. con un racconto d’un semplice pettegolezzo letterario, e che S. A. fosse curiosa di sapere il nome d’un tal poeta d’un tale pedante posto in ridicolo da una polemica letteraria, io non crederei di commettere un delitto dicendolo all’orecchio di S. A. Ma dopo d’aver veduto l’infame libello vomitato in Toscana da quella canaglia della combriccola di Modena (il famoso num.° 254 della Voce della Verità); quando non posso ignorare che intenzione di quella gente è rendere me ed i miei amici sospetti al Governo, non sarei io l’uomo più vile del mondo palesando i nomi di galantuomini che si fidarono di me?

Io non so se il Governo mi ami quanto vorrei esser da tutti amato, ma ho la coscienza ch’egli mi deve stimare. Io non voglio perdere la sua stima, facendomi delatore.

P. Badi, il Governo potrebbe adoperare per ottenere il suo intento dei modi che a lei saranno poco piacevoli.

V. Non sono nel caso di partirmi dalle mie prime determinazioni.„

Don Neri, che in tutto questo buscherìo non capiva come il vero e solo colpevole fosse soltanto lui che aveva dato il suo visto agli articoli incriminati, in mancanza di meglio, adottò il consiglio datogli dal Bologna, e ordinò che il Vieusseux, in via economica, comparisse dinanzi il signor Commissario del quartiere di Santa Croce, sperando forse in un atto di resipiscenza del coraggioso editore; ma questi non era uomo da recitare il mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa, e comparso dinanzi al commissario Tassinari, tenne duro.

Ecco intanto le contestazioni fatte al direttore dell’Antologia non che le risposte fatte da quest’ultimo e tolte da quei tali foglietti: