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Ecco qua: nel Bollettino Bibliografico (la parte meno sospetta d’un giornale letterario d’allora) si leggeva un articolino sul Pietro di Russia, poema che aveva in quei giorni pubblicato P. A. Curti, e il giornalista, che si segnava colla iniziale L. scriveva, rivolto ai poeti del tempo: „Parlate di Pietro, di Federigo, di Bonaparte (per non uscire dalla storia moderna); narrate le giornate di Parigi, di Bruxelles e di Varsavia, e quale anima non è accesa, esaltata, compresa del più alto entusiasmo?„ Certamente l’articolista non aveva a caso riunito il nome di Pietro di Russia e le giornate di Varsavia, e forse dovette a tale insalata cappuccina se il significato, o meglio, la tendenza rivoluzionaria dell’articolo, sfuggì all’esame del Censore e del Ministro; ma dopo il commento che vi ricamò sopra la Gazzetta Modenese, ogni dubbio era impossibile; l’Antologia aveva proprio glorificato insieme alle giornate di Parigi e di Bruxelles, quelle di Varsavia!

E questo per la Russia.

Nello stesso Bollettino, il critico ordinario dell’Antologia che si segnava colle iniziali K. X. Y. rendendo conto d’una traduzione dal greco di Pausania, scriveva: „I Romani (scrive Pausania) sentirono pietà della Grecia.... Un pretore mandavasi tuttavia in Grecia a mio tempo... non lo chiamavano pretore della Grecia, ma dell’Acaja (il Regno Lombardo-Veneto).„

Qui il reato non si nascondeva che nella parentesi e ci volevano proprio gli occhi d’un poliziotto della scuola del principe di Canosa per iscoprirlo; ma il reato c’era. Evidentemente paragonandosi il dominio dei Romani in Grecia a quello degli Austriaci in Italia, si voleva discreditare quest’ultimo.

Il Fossombroni non poteva restare colle mani in mano ed agì subito per mezzo di don Neri.

Questi, l’indomani del giorno in cui fu distribuito a Firenze il n. 254 della Voce della Verità, ordinò al cav. Bologna, Presidente del Buon Governo, che chiamasse a sè il Vieusseux e lo invitasse a declinare nome e cognome degli autori dei due articoli incriminati. Il Bologna, dopo d’avere