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bito di far capolino dalle scene toscane, Don Garzia e La Congiura dei Pazzi, probabilmente in omaggio della famiglia dei Medici, malgrado che i laudatori di casa Lorena, per fare spiccare vieppiù i meriti di questa, fossero usi bistrattare i discendenti di Cosimo I granduca, e facessero un quadro tristissimo delle condizioni della Toscana ai tempi degli ultimi principi di quella casa. La proibizione si estese anche ai teatri privati, e avendo appreso il Bologna, nel 1846, come in casa dell’avvocato Giuseppe Panattoni si volesse recitare il primo di codesti due lavori dell’Astigiano, chiamò a sè il Panattoni e con un lungo giro di parole gli fece comprendere come quella rappresentazione sarebbe riuscita sgradita al Governo. Il Panattoni, che ci aveva sulla coscienza una certa recita del Nabucco, del Niccolini, fatta precisamente in casa sua e con grave scandalo della Polizia alla presenza del Salvagnoli, di Celso Marzucchi, di Filippo de Boni e d’altre teste sventate, capì a volo; e il Don Garzia non fu rappresentato.

Ma non sempre la Polizia arrivava ad impedire le rappresentazioni di lavori da essa, stimati perniciosi. I censori, qua e là, non ubbidivano sempre alle istruzioni diramate dal ministero dell’interno; e più d’una volta il Bologna ebbe a lamentarsi della soverchia condiscendenza di taluni di essi. Così, nel 1835, a Siena, fu recitato un Pandolfo Collenuccio, che i prudenti stimarono pieno di massime sovversive e il Presidente del Buon Governo in un rapporto al Granduca scriveva, che egli non sapeva capire come la censura avesse potuto permetterne la rappresentazione. Nello stesso anno, a Livorno, la recita d’un Ruggero degli Ubaldini, della poetessa Palli, suscitò uguali scrupoli nei sanfedisti; e il Bologna, facendosene l’eco, chiese che gli fosse rimesso il manoscritto; ma, per quanto egli tempestasse, il copione non venne mai nelle sue mani. E sì, che scrivendo al Granduca egli diceva che era stato assicurato come quella tragedia fosse un’opera cattiva e pericolosa! D’allora in poi si prescrisse che i lavori destinati alla rappresentazione portassero il visto del dipartimento della Polizia.