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— Il principe di Metternich....
— Per carità....
— Non fiaterò. Servitor suo!
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Anche a Firenze, come a Milano, a Torino, a Roma, a Napoli, la gioventù, che i forti e solitari sognatori dell’unità e della libertà della patria avrebbero voluto dedita a studî severi, si prostrava di tanto in tanto dinanzi all’ugola vellutata d’un soprano o alle gambe d’acciaio d’una ballerina. Nel carnevale del 1842-43, la gioventù dorata fiorentina si divise in due campi, in occasione che in quella stagione ballavano al teatro della Pergola due dive: la Gusmane la Frassi. Parteggiavano per la prima i nobili, specie il duca di Casigliano, Adolfo Niccolini che la corteggiava, il conte Cicogna e il conte Celani, mentre per la seconda parteggiavano i cadetti; ma un bell’umore avendo fatto correre la voce che quest’ultimi avessero portato al Monte di Pietà la loro alta montura per comprare i regali che avevano offerto alla diva nella sua serata d’onore, i signori cadetti, i quali, peraltro, non avevano da spendere molto, ritirarono la loro protezione alla Frassi, che si ricoverò allora sotto le ali della gioventù borghese. I due partiti cercarono di schiacciarsi a vicenda sotto il peso dei regali che ciascuno di loro faceva alla propria diva. I nobili offrirono alla Gusman una ricca paniera d’arance e in ogni arancia avevano posto dentro uno zecchino, di guisa che la corteggiatissima donna poteva dire d’avere colto quelle frutta nel giardino delle Esperidi. Un’altra sera le offrirono una corona d’oro con rubini e turchesi del valore di oltre cento zecchini. Non diciamo nulla dei fiori, dei versi e degli accompagnamenti con fiaccole. Pareva che la gioventù di Firenze non vivesse che per un paio di gambe, in attesa che da un momento all’altro un astronomo, colla scoperta d’una nuova costellazione, questa intitolasse dalle e-