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un pezzo sottoterra, i versi del nostro poeta hanno già l’apparenza della vecchiezza, e presentano un’aria di stretta parentela con quelle piccole statue di bronzo che ritirandosi dagli scavi si rinvengono coperte d’un denso e rugoso strato di verderame, che le fa rassomigliare non ad immagini di numi o di semidei, ma a riproduzioni realistiche di lebbrosi.

I seguenti tre epigrammi portano il veto del censore ecclesiastico, il padre Mauro Bernardini, sotto le cui cesoie, come dicemmo, per tanti anni, passò il pensiero letterario e scientifico della capitale della Toscana:


     Un buon pievano a Serafin pittore
Ministrando l’estrema eucaristia,
Diceva: — „Serafin, ecco il Signore
Che verso voi s’invia,
Qual di Gerusalemme entro le mura.„
Ed ei con voce fioca: — „Sì, signore,
Ben lo ravviso a la cavalcatura.„


     Un re poco erudito
La Clemenza di Tito
Un dì cantare udìa;
E chiese: „È fatto di mitologia?„


     Coll’amorosa un giovane fuggìa,
E sperando ingannar chi l’inseguìa,
Ambo cambiar del sesso i vestimenti:
Delusi i birri dalle esterne tonache
(Come ordinâr dei giovani i parenti)
Menaro i falsi putti a due conventi,
Di cappuccini l’un, l’altro di monache.


La Polizia fu più severa del buon padre Bernardini, imperocchè ne soppresse molti altri. Il seguente, probabilmente, fu soppresso per riguardo allo stesso Presidente del Buon Governo, l’illustrissimo signor cavaliere Aurelio Puccini, il quale, prima d’essere il ministro di Polizia di un Governo