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o altro principe di Casa Medici si facesse signore assoluto e sopratutto si provvedesse di buone e proprie armi per fare l’Italia potente e liberata dai barbari; questo è il vero proposito dell’opera....„
E il Botta, dopo aver citato il celebre capitolo che chiude il Principe, continua: „Il suo intento era dunque la liberazione dell’Italia dal dominio dei forestieri. Ora mettiamo che Lorenzo duca d’Urbino o altro principe di questa famiglia, facendo quello che gli consiglia il Machiavelli fosse riuscito nel fine proposto; non sarebbe egli stato lodato da tutti? Non sarebbe stata la sua impresa stimata da tutti grande, pietosa, generosa, santa?„
E fu appunto perchè don Neri Corsini, ministro dell’interno, temeva che codesta impresa, la quale poteva ancora tentare l’ambizione o l’amor proprio di qualche principe italiano, fosse ritenuta santa e generosa dai felicissimi sudditi dei diversi Stati in cui allora si divideva l’Italia, si fu appunto per ciò che ordinò col suo piccolo ukase che la liberalesca scrittura del Botta aspettasse la tromba del giudizio sotto la polvere degli archivi della censura.
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Vogliamo ora evocare dalle carte dell’Archivio il nome d’un poeta perfettamente obliato. Chi conosce Gherardo Ruggieri, un poeta che nel 1826 avendo presentato alla censura per l’approvazione un suo volume di epigrammi, se lo vide tornare indietro mutilato, castrato, dimezzato?
Eppure il povero Ruggieri non meritava l’oblìo. Il suo spirito, se non era sempre di buona lega, sapeva portar via qualche pezzo di pelle dal corpo di coloro sui quali cadeva sotto forma d’epigramma; la qualcosa (il signor lettore ci crederà sulla parola) per un autore satirico non è un pregio da disprezzarsi.
Intanto ecco un saggio dogli epigrammi del Ruggieri rimasti inediti per forza maggiore. Come tutto ciò che è stato