Come si vede, nella scelta della pena a cui l’anonimo poeta condannava Gregorio XVI, c’è abbastanza spirito, mentre nessuno ignora quanto fosse l’odio di quel Papa pel progresso e per le ferrovie: due cose, secondo lui, inventate dal diavolo.
La morte del Papa, che fu salutata da un grido di gioia dagli abitanti degli Stati Pontifici, ispirò ad un poeta romano una poesia, che circolò anche a Firenze. Ne diamo le prime due strofe.
De Profundis! Don Gregorio
Sei fra i santi o in purgatorio?
Quando mai tra incensi e lagrime,
Nel dolor di tutto il mondo
La fedel cristianità
Del tuo naso rubicondo
La reliquia adorerà?
De Profundis! La cantina
L’ha bruciato stamattina:
Invocate il Divin Spirito
E Gregorio per decreto
Sacrosanto in Concistoro
Del Champagne e dell’Orvieto
Sia nel cielo il protettor.
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In un’altra poesia sullo stesso argomento e con allusione al patto d’amicizia stretto fra Gregorio e lo czar Niccolò, al tempo delle stragi di Polonia, il poeta dirizzandosi al Papa, esclama:
Nella tomba due volte al tuo cospetto,
La Polonia invocandoti si scosse,
E armata d’una croce, ignuda il petto,
Dalla cintola in su, fissa levosse:
E tu, la prova indarno combattuta,
Seguace al boia del lontano Sire,
Colla croce la povera caduta
Scendevi sulla fossa a maledir.
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