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con un accanimento che avrebbe fatto onore allo stesso principe di Canosa, allora in fama di poliziotto numero uno.

Nè quell’accanimento si limitava a sequestrare l’opuscolo. Negli atti delle processure segrete o economiche — come in quel tempo si chiamavano i procedimenti fatti, senza pubblicità, dai tribunali della polizia — troviamo che nell’agosto del 1833, essendo stato rinvenuto un esemplare dell’Insegnamento Popolare del Modena presso un certo Luigi Gelli, di Firenze, questi si buscò quattro mesi di carcere e la vigilanza della Polizia. Per la lettura di un opuscolo d’un centinaio di pagine, non c’era mica male!

Nella spedizione di Savoia, a cui prese parte insieme a Manfredo Fanti, a Niccola Fabrizi e a Luigi Amedeo Melegari, il Modena fu il braccio destro del Mazzini. Questi aveva una fiducia illimitata, assoluta, nel patriottismo e nell’amicizia del Modena, che amava come un fratello. Parrebbe anche, ove si dovesse riferire al Modena l’iniziale M. che si legge in un carteggio inedito da noi posseduto e che verso quel tempo il Mazzini scambiava con una bella signora lombarda da lui appassionatamente amata — parrebbe anche, diciamo, che il futuro Roscio italiano, approfittando della stima che il Mazzini aveva per lui, avesse energicamente protestato contro la proposta fatta all’ultima ora del generale Ramorino, capo militare dell’impresa, e diretta a dividere in due colonne le forze insurrezionali: proposta che accettata per amor di concordia dal Mazzini, agevolò la dispersione delle bande rivoluzionarie, prima ancora che queste mettessero il piede negli Stati di S. M. il Re di Sardegna.

Gli è certo che grande doveva essere l’intimità che passava fra il Mazzini e il Modena e il padre di questo, Giacomo, che allora recitava le parti di padre nobile nella compagnia comica che agiva al Cocomero, di Firenze, se la bella