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sta d’un uomo, ma un sigaro, il signor Marchese-Governatore soggiungeva:

„Nell’ipotesi che il detto marinaio Giuseppe Garibaldy (sic) raggiunga la Toscana, ove si crede che abbiano trovato ricovero, il fratello Francesco e il Rubens, La pregherei di disporre il di lui arresto ed estradizione. (Come si vede il signor Governatore di Genova, in fatto di estradizione, andava per le spiccie). Questo marinaio ha capelli, barba, mustacchi e favoriti rossicci, veste un frak grigio chiaro, porta cappello di color bianco. Infine, Le partecipo come da una lettera di Francesco Garibaldy qui pervenuta e sequestrata, si rilevi essere sua intenzione di fermarsi alcuni giorni in codesta città di frontiera (Pietrasanta).„

Con una lettera del giorno successivo, il marchese Paolucci rettificava alcuni errori in cui era incorso nel dare al Vicario Regio i nomi dei latitanti. Non si trattava di Francesco e Giuseppe Garibaldy, ma di Felice e Giuseppe Garibaldi.

Quanto al Rubens, il suo vero nome era Ruben di Sion Cohen. Tutta gente che Sua Eccellenza riservava al patibolo.

Quel povero Vicario di una microscopica città di confine, vedendosi capitare l’una sull’altra due epistole dell’illustrissimo signor Governatore di Genova, e nelle quali senza tampoco preoccuparsi del Governo di S. A. I. e R. il Granduca, che alla fin fine c’era per qualche cosa in Toscana, gli si domandava nientemeno che l’arresto e l’immediata estradizione di tre rifugiati politici, probabilmente per dare il gusto alla prelodata Eccellenza Sua di fare impiccare o fucilare quei tre disgraziati sulla spianata dell’Acquasola, — quel minuscolo e povero Vicario, diciamo, che sapeva per lunga esperienza come nè il conte Vittorio Fos-