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entusiasmi dei vent’anni non potevano far nascere che un equivoco rispetto per precetti che lo stomaco forte e sano imperiosamente condannava, era designata come infetta di tutte le più ree passioni. Nel 1825, un rapporto del Bargello di Pisa riferiva come molti dei giovani che frequentavano l’Università, fossero di principî immorali, empî, disprezzatori d’ogni autorità, che mettevano tutto in derisione, e come fra essi primeggiasse Ferdinando Andreucci, di Firenze. Più tardi, un rapporto dell’Ispettore di Polizia di Firenze, descriveva lo stesso Andreucci come ozioso e trascurato nei doveri religiosi. Naturalmente, l’Andreucci, che come si sa, diventò in seguito uno dei luminari del fôro toscano e che nel 1838, quando furono rinnovati gli ordinamenti giudiziarî del Granducato, rifiutò disdegnosamente un posto eminente nella magistratura, l’Andreucci, diciamo, sarebbe stato all’incontro un perfetto galantuomo ed una persona per bene se fosse stato cucito a fil doppio coi preti e cogli scaccini. Anche la bellissima e colta Giuditta Bellerio-Sidoli, che Giuseppe Mazzini amò ardentemente, era ritenuta dal commissario di Santa Croce, nel 1834, empia e di costumi corrotti, perchè, di quaresima, mangiava di grasso.

Peraltro, era un’idea fissa di quella generazione di poliziotti che non vi fosse moralità ove questa fosse scompagnata dalla religione; e per religione intendeva le pratiche esteriori del culto, poggiate sul rispetto cieco ed assoluto del principio d’autorità. Volevano pecore, non uomini.

L’ispettore Fabbrini, mandato a Pisa, nel 1824, per fare un’inchiesta sullo spirito della gioventù universitaria di quella città, denunziata come dedita all’empietà e ai principî di libertà, in data del 12 aprile riferiva: „È certo che delle massime liberali serpeggiano in generale dappertutto ove più ove meno, e queste sono gli effetti delle passate tristissime vicende politiche. Si comincia dal ceto ecclesiastico a porgere cattivo esempio colla scostumatezza, irreligione, parlar franco e vivere tutt’altro che da buoni cittadini. Il massimo male è fra i parrochi e gli ex-religiosi. Anche l’ignoranza crassa che regna nella generalità del ceto ecclesiastico è di sommo pregiudizio.„