Pagina:Misteri di polizia - Niceforo, 1890.djvu/16


3

presero che alla direzione della polizia toscana col codazzo dei suoi ispettori e dei suoi gendarmi, i nuovi rettori avevano dato il benservito, sostituendola colla vecchia polizia, che sotto le forme del 1781 rinasceva dalle sue ceneri nella Presidenza del Buon Governo. C’era, in codesta ricostruzione, qualche cosa che sapeva dell’archeologia, uno spirito di reazione che non poteva dissimularsi; ed Antonio Zobi, che scrisse la sua Storia Civile della Toscana1 quaranta e più anni fa, quando alle forme politiche si dava una preponderanza assoluta, non sapeva nascondere il suo risentimento per una resurrezione, che pei fautori dei nuovi sistemi doveva essere non meno ridicola delle parrucche e degli abiti alla Luigi XV che altri, in quel medesimo tempo, invasi dalla nostalgia del passato, avrebbero voluto far rivivere.

La Presidenza del Buon Governo era una istituzione ibrida, per non dire addirittura mostruosa, almeno per coloro che negli ordinamenti amministrativi e politici amano la simmetria, che formava il carattere principale degli istituti messi in moda dalla Francia rivoluzionaria e napoleonica. Era un istituto, il Buon Governo, in parte amministrativo, in parte giudiziario, in tal’altra politico. Come la polizia moderna, esso era l’occhio e l’orecchio dell’amministrazione dello Stato, alla quale cooperava sopratutto con un potere giudiziario sui generis, quello detto economico; un potere, almeno apparentemente, sconosciuto alla polizia foggiata alla francese — ma con vere competenze giudiziali, potendo in certe circostanze il capo della polizia ed i suoi rappresentanti istruire delle processure scritte, ma segrete, e di far seguire queste da un regolare giudicato: potere sconfinato che quando nel 1780, sotto Pietro Leopoldo, venne con nuove discipline migliorato, fu ritenuto come un vero progresso di fronte ai vecchi arbitrii polizieschi non temperati da leggi o da regolamenti, ma che nel secolo XIX, quando la pubblicità dei dibattimenti era penetrata non solo nei codici di rito ma anche nelle abitudini dei popoli, doveva sembrare la negazione del diritto. In virtù dell’art. 56 della

  1. Lib. X. Cap. I. pag. 26 e segg.