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che il colonnello era montato in vettura ed andato via. Il Magnolfi, che intanto si era recato in piazza del Duomo, aveva visto arrivarvi il Lamartine al momento in cui s’allontanava la carrozza del Pepe, che si fermò ad un cenno dell’aggiunto della legazione francese, il quale discese dalla vettura, e parlò colle persone che si trovavano dentro l’altro legno, e quindi s’allontanarono.„

Il fiasco della Polizia non poteva essere più colossale. Con un’ingenuità veramente preadamitica i birri avevano perduto le traccia della selvaggina quando già l’avevano sotto il tiro. Figurarsi l’imbarazzo e la disperazione dell’Ispettore!

Nè egli era solo a trovarsi nell’imbarazzo come un aio qualunque delle commedie del conte Giraud di briosa memoria. Facevano a lui compagnia i pezzi grossi del Governo, il Puccini, il Corsini, il Fossombroni che strillavano come aquile. Poco dopo il mezzodì parve che la Polizia si fosse posta sulle orme del Pepe. Una staffetta, spedita da Prato, avvisava il Presidente del Buon Governo ch’era stato visto un signore elegantemente vestito e in compagnia d’un grosso cane avviarsi, a piedi, verso il territorio lucchese. In quel viaggiatore parve ai birri riconoscere il colonnello napoletano. Ma il Puccini, fra un moccolo e l’altro, pensò che anche a Prato i poliziotti dovevano pigliar lucciole per lanterne; imperocchè, se il Pepe un poco prima delle otto era stato visto a Firenze, in piazza del Duomo, quasi alla stessa ora non poteva sul cavallo di San Francesco avviarsi, al di là di Prato, verso il confine, a meno che non fosse stato lo stesso Sant’Antonio; alla qualcosa, l’ex-volterriano presidente, com’è facile credere, non prestava fede.

L’esito del duello non si conobbe che nelle prime ore della sera di quel giorno, ed insieme ad esso che i due avversari non erano usciti dalla città. Il Puccini, che qualche scintilla del vecchio fuoco giacobino conservava in petto, non tenne il broncio al Pepe pel tiro birbone giuocatogli. È anzi da credere che in fondo al suo cuore abbia approvato il colpo di spada regalato al francese insolente dal colonnello carbonaro, al quale si limitò a far conoscere il proprio risentimento con un bigliettino che non doveva es-