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voro. Sono sicuro che il mio signor lettore vorrà ammetterlo senza fatica: una cosiffatta collaborazione non è una fortuna che capita tutti i giorni allo storico.
Ma se ho avuto per collaboratori, oltre a ministri e presidenti di Buon Governo, ispettori e commissari di polizia, bargelli e spie (quest’ultime nobilitate nel linguaggio ufficiale del tempo colla designazione di informatori o di fiduciari), ciò non vuol dire che io, descrivendo uomini e cose, abbia queste e quelli guardato attraverso le lenti della sbirraglia più o meno gallonata, più o meno autorevole. Mettendo sotto gli occhi dei lettori una Firenze, non dirò in camicia, benchè qualche volta io la presenti in tale succinto ed assai, forse troppo assai, familiare paludamento, ma in veste da camera, io non ho mai fatto getto delle mie convinzioni liberali: i fatti da me spigolati nell’Archivio Segreto della Presidenza del Buon Governo, io non li ho presi che dal lato della loro esistenza materiale. Cosicchè ho presentato come un triste e un miserabile l’arcivescovo che faceva da spia, benchè dal Granduca e dai suoi ministri fosse ritenuto per un buon pensante ed uno stinco di santo, e non ho potuto trattenermi dal ridere dinanzi alla indignazione di quel poliziotto che chiamava cattivi soggetti o giovani immorali Carlo ed Alessandro Poerio perchè amavano la libertà!