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Q U A R T O. 44

Di seco ragionar. il Ciel ti salvi
Bella Ninfa, splendor di queste selve.
Mir.Ben venuto Pastor, qual tu ti sia.
Tir.Tirsi son’io del dotto Alcimedonte
Già figlio, e di Licori, ch’anzi tempo
Se n’andar lieti a più tranquilla vita,
Lasciando me d’ampie ricchezze herede:
Che quanta greggia in Aracinto pasce
E tutta mia, che numerosa è tanto,
Che annoverarla occhio mortal non puote:
E presso ad Erimanto in mille prati
Mi pasce, e custodisce Alfesibeo
Un fortunato Armento, onde giamai
Novello, non mi manca, e fresco latte.
E se t’aggrada di saper, quant’io
Agile sia, leggiadra Ninfa, sappi,
Che sì destro Pastor, nè sì veloce,
(Nè parlo cosa ignota) alcun non vive,
Che nel corso m’agguagli, ò ne la Lotta,
O nel lanciare il Palo, ò vibrar Dardo,
O con l’Arco ferir selvaggia fiera,
O scagliar con la fromba i gravi sassi,
Io canto, come già cantava Mopso,
Il cui nome ancor vive per le selve,
E tra le Ninfe, e tra i Pastori è chiaro;
E quella Cetra, che ’l mio caro padre
Lasciommi, tocco sì soavemente,
Che lascian le Napee, lascian le Naiadi
Spesso i lor seggi, e liete al suon ne vengono


Con