Pene van rimembrando, e per la gioia
Del ben presente ogni dolor s’oblia;
E se d’amaritudine, e d’affanno
Piansero un tempo, hor bagna il viso, e ’l seno
Di lagrime ciascun, per la dolcezza
De i loro amori. O quanto è poi soave
Quel mormorar, che fan con bassa voce,
Quel sussurrar, quei baci, hor dati, hor tolti,
Quel affissar nelle due luci amate,
L’inamorate luci,
Sopra humana
Se non da chi lo prova, o quanto sono
Miseri quei Pastori, e quelle Ninfe,
Che non provan d’amor l’alte dolcezze;
Dunque non è felicitade al mondo
Maggior di quella di due cori amanti,
Cui marital’amor lega, e congiunge.
Tir.Deh non seguir più oltre.
Che m’hai tanto ammollito
Il duro cor, ch’io non son piu qual fui,
Anzi ardo di desio di farmi servo
Di gratiosa, Ninfa;
Cor.O te felice quattro volte, e sei,
Se sei disposto a sì lodata impresa.
Ma voglio homai partirmi,
Per ritrovar la mia leggiadra Nisa,
Laqual dovunque và col bianco piede
Nascer fa gigli, e rose;
Nisa mia vaga, e bella.