Da la tua crudeltade.
Quanto meglio ti fia l’esser lodato
Per donator di vita,
Che l’esser biasimato
Per negator d’aita?
Che scusa puoi trovare in tua difesa,
Uranio mio, se forse non ti credi,
Che l’uccider altrui gran laude fia?
Io d’altro non ti prego,
Se non che ti rincresca del mio male?
E che tal’hora ascolti i miei lamenti.
Sat.Vè che giunsi, hor non potrai fuggire.
Fill.Ahime, ch’è quel, ch’io sento? chi mi tiene?
Chi mi fa violenza?
Sat. Ah dispietata,
Hor non ti gioverà l’esser crudele,
Nè l’adegnar nel corso
I più veloci venti,
Di quì non partirai, s’à le mie pene
Non dai qualche mercede.
E quando tu non voglia a l’arso core,
Dar qualche refrigerio, ingrata voglio
Nuda legarti à quella dura Quercia,
Ove con stratio finirai tua vita.
Fill.Mercede, ahime, mercede
Nume caprigno; ascolta
Prima le mie preghiere,
Deh, che gloria ti fia
Di vincer una Ninfa,
Ch’abbattuta è di già da tuoi begl’occhi;