E, se ’l ver non ti dico, io prego il Cielo
Che mi faccia morire innanzi à i tuoi
Begl’occhi, ch’io tant’amo.
Ma che mi giova, ohime: ch’io te lo giuri,
Se tu ’l mio dir non curi?
O mal gradito Amore, almen mi rendi
La cara libertà, che to m’hai tolta.
Hora fuggendo il caldo, i Pastorelli
Si stanno al rezzo, e la pasciuta greggia
Và ruminando l’erba, e gli augelletti
Cantano sopra i rami i loro amori;
E per le cave grotte,
Senza tosco i serpenti,
E senza ferità stanno le fiere,
E ne l’erboso fondo de correnti,
E fuggitivi fiumi,
Lieti, i tremuli pesci
Stanno; e sotto le piante
Scherzano à l’ombra le leggiadre Ninfe,
Co’ lascivi Silvani, e co’ Pastori.
E tu crudel, mi fuggi, e forse stanchi,
Nel seguir fiere fuggitive in caccia,
Le delicate tue tenere piante.
Dimmi, Ninfa, non men, che bella, folle,
Che giova sempre haver ne’ boschi il core?
Prendi riposo in queste braccia homai;
Ma tu forse disprezzi queste membra,
Perche robuste sono, horride, e dure?
Non sai, che questa è propria nostra dote?