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S E C O N D O. 16

Riposo dei viventi, amico Sonno,
Lascia ti prego le cimerie grotte,
Dove lieto soggiorni,
E dentro à gl’occhi miei vieni à posarti.
O de l’amica notte
Fido compagno, vieni
A chiudermi le luci;
Poi che l’amico tuo fido Silentio
Meco si trova, quì non mugghia Toro,
Non bala capra, non abbaia Cane;
Quì non ulula Lupo,
Quì non stride Cicala,
Quì non gracida Rana,
Quì non s’ode l’augel nuntio del giorno,
Quì non s’ode altra cosa,
Che ’l mormorio di questa chiara fonte;
La qual mentre sì dolce, infra le pietre
Si và rompendo, imità quasi il suono
De le notturne cetre de’ Pastori.
Deh se cortese il Ciel mai non ti neghi
La tua leggiadra moglie, à me concedi
Dolce riposo; non sai quante, e quante
Volte ne le diverne hore m’hai dato
Quel, ch’ora ti domando?
Spargi dunque di nuovo gli occhi miei
Di caro oblio, e con le tue negre ali
Coprimi tutta, che più cara assai
Mi fia per la stanchezza l’ombra tua,
Che quella chiara luce, ch’ora veggio.


C   4      Ma