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P R I M O. 15

Ch’esser possa d’Igilio? ohime, ch’io temo,
Che, s’ei s’affissa un dì nè suoi bei lumi,
E le soavi sue parole ascolta,
Ei non divenga amante; allhora Igilio
Sarai fuor d’ogni speme, allhor vedrai
Nell’altrui sen la tua leggiadra Ninfa,
Ah, non mi serbi il Cielo
A sì noiosa vista;
Prima con le sue man questi occhi chiuda
Morte, ch’io veggia mai
Quello, a cui sol pensando,
Sento farsi di ghiaccio
Il cor nel petto, e ’l sangue entro le vene:
Ma quel cieco Fanciul, cui tanto aggrada
Il discorde voler, che in due cor mira,
Forse farà, che Uranio
Arda per altra Ninfa, e sprezzi Filli;
Ond’io non rimarrò di speme privo.


Fine del Primo Atto.


C   3      AT-