Eh piegati, Mirtilla,
Forse non sai quel, che ti serbo in dono,
Una coppa di Faggio; ove nel fondo
Vedrai sculto un gran Monte, che le stelle
Par che sostenga, e sopra l’alto dorso
Di lui starsi la Luna
In atto di lasciva,
E boscareccia Ninfa,
Che, lasciato in disparte il suo bel carro,
Co’l so vezzoso Endimion si posa,
E con la bianca mano
Tonde a le pecorelle il folto manto.
Poi bacia il caro amico, evvi in disparte
Pan, ch’esce d’una selva ivi vicina,
E di sdegno avvampando a lei rivolto,
Par che sciolga la lingua in questi accenti,
Ben del nome di Diva indigna sei,
Poi ch’un vil Pastorel t’induce, ah rea,
A dispregiar un Dio così famoso;
E ben veggio hor, che sei
Mutabile di cor, come d’aspetto,
Perfida, e sol nel variar, costante:
E tu vedrai, che l’arte
Hà formate sì ben queste figure,
Che la vista non sol resta ingannata;
Ma vi s’inganna ancor l’Udito, alquale
Sembra quasi d’udir, quel che non ode:
E ti giuro, mia vita, che per questa
Mi volse dare Alcon già due vitelli,