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13.

Punica mala nitent ecc. (pag. 11)

È queste il Malum Punicum di tutti gli Autori, il Melgranato dei moderni e così detto pe’ suoi semi o grani coperti di una trasparente polpa rossa del colore del granato gemma o carbonchio. Volgarmente dicesi Melagrano da Melo a grano. Linneo lo appella Punica granatum. Fu detto punico perchè si crede portato da Cartagine e seminato la prima volta in Cipro dai Pelasgi. Gli Ebrei lo teneano come sacro e simbolico. È celebre la favola di Proserpina che avendo ottenuto da Giove di essere riscattata dalle mani di Plutone, sotto condizione che non gustasse alcuna cosa nell’inferno, non ottenne il ritorno per avere assaggiati sette chicchi di Melagrano.

Sumptaque pallenti septem de cortice grana
Presserat ore suo.

Così Ovidio, e dategli del bugiardo se avete tanto cuore.

14.

Hic pira, perdulci dederat quæ Gallia succo ecc. (pag. 11)

Senza fallo quì si allude alle Pere così dette del Re o Luise. Il Koroop registra fra le sue 87 specie di Pere, anche quelle del gran Monarca e gran Mogol, del S. Peppino, di Frontignac, Fleury Moscato, l’Angelique de Bourdeaux il Saint-Germain. Questi certamente sono quelli non precisati ma vagamente accennati dal Pico col termine generico di Francesi. L’Aldrovandi scrisse che fin dai tempi di Ulisse (e scusate se è poco) si coltivavano le pere nel Bosforo Cimerio. Che vi siano le pere di S. Luca me lo assicurò il valente floricultore e orticoltore Sig. Sanguinetti. A Bologna, dove ne chiesi il Direttore dell’Orto Botanico, mi si assicura che non vi è un Pero con tal nome. Che monta? Vuol dire che sarà una specie fossilizzatasi dopo l’èra Pichiana. Se sapeste d’altronde quanti nomi di frutti vi sono fra i campagnuoli e delle quali i Botanici sono totalmente ignoranti!

E qui finisco perchè gli altri frutti menzionati dal Pico sono più o meno intelligibili da chiunque non sia della specie delle zucche. Avvertirò soltanto, che non è da allarmarsi leggendo in