Era, lo so, la mesta cantilena
Che dalla madre cara udia sovente
A’ dì lontani, e non gli escì del core.
Soave cosa, un vecchio afflitto e stanco
Pensar la madre sua.
Mentr’io suonavo.
Chiuse gli occhi e tremavangli le labbra
Lievemente. In silenzio indi rimase,
Sin che senza volerlo io ripetei
Sullo strumento il doloroso grido:
Svegliatemi Ninetta.
«Basta,» diss’egli, e con sicura mano
Volse le carte sino al canto estremo:
Quando corpus morietur.
Poi, quand’ebbi finito, alla finestra
Andò, stette guardando il cielo, i prati,
E sorridente mi tornò vicino.
«A settant’anni» disse «non è il tempo
Di partire così come fanciulli
Rapiti dal capriccio della morte.
A quest’ora, si sa, la diligenza