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alla signora ernestina v. w. |
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due libri di ricordi che formano l’essenza della narrazione, letti da me per favor singolare di fortuna. Avrei forse ottenuto (come avvenne) di pubblicare pochi versi contenuti nel libro di lui, non piccola impresa anche questa; ma nulla più. Quanto pallido un lavoro di memoria e di fantasia rispetto al vero! Quanto ardua cosa contraffare la penna di un ingegno borioso, ma non ispregevole, il cui nome, oscurato adesso per cause inutili a dirsi, brillò un momento di viva luce nell’Olimpo letterario! Ancora più difficile, vi dissi, mi sarebbe tornata la contraffazione di quella prosa femminile così delicata, così verginale nelle sue inesperienze. «La prosa l’imbarazza?» esclamaste Voi, «faccia dei versi». Le donne riescono mirabili a recider nette le questioni con questa disinvoltura. «Faccia dei versi! È assurdo, signora», risposi. Quando parlo di versi, Dio mi perdoni, esco facilmente da’ giusti limiti. Intanto eravamo giunti alla porta dell’Hôtel R. Vi espressi con molto rispetto la speranza d’esservi compagno il giorno vegnente in un’altra