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12 alla signora ernestina v. w.

«Certo» risposi, cercando un sasso fermo al mio piede.

«Perchè?»

Il luogo non mi pareva acconcio a dissertazioni psicologiche, nè risposi finchè il sentiero non ripiegò a manca entro un grembo della costa. «Sarebbe proprio il posto», cominciai, «di raccontare una storia.......»

Parve che non vi curaste di udirla, poichè, rompendomi le parole sulle labbra, mi mandaste a cogliere un fiore d’arnica montana. Vi portai il fiore, ora posso confessarvelo, non senza un secreto dispetto. Quel fiore non era d’arnica; mi valse uno scroscio di risa argentine e parecchi motti pungenti. Non ebbi, signora, la temerità di pensare che le donne eleganti usano di spilli assai più per trattenere che per pungere.

Avevate palesemente il disopra nella scaramuccia di frizzi che ferveva tra noi, quando si giunse all’orlo della valle, non lungi da quelle due capanne appiccicate alla montagna come conchiglie alla rupe. Fu colà che, dato appena uno sguardo al baratro ombroso dove