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alla signora ernestina v. w. |
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strada maestra, tutto scappate e follie quando si gitta sul morbido tappeto del Campo dei fiori. Quanto a Voi, signora, colla snella persona serrata in un costume azzurro e grigio, coi capelli biondi un poco sdegnosi del freno, colle movenze, scusatemi, un poco rigide, parevate una figura di pennello antico, piena di pensiero e di fiera vita nella fisonomia, mirabilmente posata in mezzo ad una natura dalle linee taglienti, severa, fredda di tinte, oserei dire spirituale. Quella sera avevo l’onore di vedervi bella; poiché in Voi la bellezza è lume che viene e va a vostro talento. Lo lasciate talvolta a casa; quando lo portate con Voi, gli è che l’avete voluto. Si parlava di libri, di cose e di persone, io con molta foga e molta ingenuità, Voi con un tal fare nervoso, talvolta pieno di fuoco, più sovente di sarcasmo, scegliendo per gli epigrammi i tratti arcadici del sentiero, e per le brevi liriche quei passaggi scabrosi ed arditi dove solo il vostro stivaletto arcuato poteva posarsi con tanto audace disprezzo. Ve ne ricordate? Forse no. Me ne ricordo