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capitolo primo. 9

a poco, questo nuovo bisogno di governanti elettivi e temporanei divenne l’obbietto principale delle agitazioni del partito popolare, dovunque ce n’era uno, e allora si abbandonarono quasi dappertutto gli sforzi precedenti per limitare il potere dei governanti. Poichè in questa lotta si trattava di far emanare il potere di governo dalla scelta periodica dei governati, alcuni cominciarono a credere che si era attribuita troppa importanza all’idea di limitare il potere stesso. Questo (a ciò che pareva) era un vantaggio contro quei governanti i cui interessi erano abitualmente opposti a quelli del popolo; ma ciò che allora occorreva, era che i governanti fossero una cosa sola col popolo, che il loro interesse e la loro volontà fossero l’interesse e la volontà della nazione. La nazione non avea bisogno d’esser protetta contro la sua propria volontà: non c’era da temere ch’essa si tiranneggiasse da sè. E poichè i governanti di una nazione erano efficacemente responsabili verso di essa, prontamente revocabili quando a questa piacesse, si poteva bene affidar loro un potere di cui la nazione stessa aveva il mezzo di prescrivere l’uso. Il loro potere non era che lo stesso potere della nazione, concentrato e messo in una forma comoda per essere esercitato. Questo modo di pensare o forse piuttosto di sentire era comune, nell’ultima generazione dei liberali europei, fra i quali prevale ancoral sul continente. Quelli che pongono qualche limite a ciò che un governo può fare, tranne il caso di governi tali che, secondo essi, non dovrebbero esistere, sono, fra i pensatori del continente, segnati a dito come brillanti eccezioni. Un tal modo di sentire potrebbe, nell’ora che volge, prevalere anche nel nostro paese, se le contingenze che per un dato tempo l’incoraggiarono non l’avessero mutato dappoi.

Ma nelle teorie politiche e filosofiche, come nelle persone, il successo lascia scorgere dei difetti e dei lati deboli che l’insuccesso avrebbe potuto nascondere. L’idea che i popoli non hanno bisogno di limitare il loro potere su loro stessi poteva sembrare assiomatica quando il governo popolare era una cosa di cui ci si limitava a sognar l’esistenza o a leggerla nella storia, in qualche epoca molto remota.

Questo concetto non fu necessariamente turbato da transitorie aberrazioni, come quelle della rivoluzione francese, di cui le peggiori furono opera di una minoranza usurpatrice e che, in ogni caso, non rappresentavano l’azione permanente delle instituzioni popolari, ma una esplosione subitanea e convulsiva contro il dispotismo monarchico ed aristocratico. Frattanto, a tempo opportuno, una repubblica democratica venne ad occupare una larga superficie della terra e divenne una delle parti più potenti della comunità delle nazioni. D’allora in poi, il governo elettivo e responsabile divenne l’obbietto di quelle osservazioni e di