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80 la libertà

il suo esempio o la sua conversazione dannosa a quelli che egli frequenta; noi possiamo dare ad altri la preferenza per le spontanee cortesie, tranne se queste potessero tendere a migliorarlo. In questi modi diversi una persona può ricevere dagli altri delle severissime punizioni per difetti che riguardano direttamente lei sola: ma essa non subisce queste punizioni se non in quanto sono le naturali e, per così dire, spontanee conseguenze degli stessi difetti; non le s’infliggono a bello studio, con lo scopo di punirla. Una persona che mostra della precipitazione, dell’ostinazione, della boria, che non può vivere con un patrimonio ordinario, che non sa proibirsi delle soddisfazioni dannose, che corre al piacere animale, sacrificando ad esso il sentimento e l’intelligenza, deve aspettarsi d’essere molto in basso nell’altrui estimazione e di possedere una minima parte dell’altrui benevolenza. Ma di questo essa non ha diritto di lagnarsi, a meno che non abbia meritato il favore degli altri per la speciale eccellenza delle sue relazioni sociali e non si sia così creato un tale diritto alle loro cortesie, che essi non debbano occuparsi dei demeriti ch’ella ha verso di sè.

Quello che io sostengo è che gl’inconvenienti strettamente connessi col giudizio sfavorevole degli altri, sono i soli a cui debba essere sottomessa una persona per quella parte della sua condotta e del suo carattere che tocca il bene suo proprio, ma non gl’interessi degli altri nelle sue relazioni con essa. Ben diversamente vanno invece trattati gli atti dannosi agli altri. Se voi usurpate i loro diritti, se voi fate subire loro una perdita o un danno che i vostri propri diritti non giustificano; se voi, a loro riguardo, mostrate della falsità o della doppiezza; se voi vi servite contro di essi di vantaggi sleali o appena poco generosi ed anche se, per egoismo, vi astenete dal salvarli da qualche danno... voi meritate, ben a ragione, la disapprovazione morale e, in casi gravi, i rimproveri e le punizioni morali. E non soltanto questi atti, ma anche le disposizioni che vi conducono sono, per parlar propriamente, immorali, e meritano una disapprovazione che può divenire orrore.

La crudeltà naturale, la malizia e la malvagità, l’invidia — la più odiosa ed antisociale di tutte le passioni — la dissimulazione, la mancanza di sincerità, l’irascibilità, le bizze senza sufficiente motivo, la smania di dominare, il desiderio di accaparrarci più di quel che ci spetta (la πλεονεξία dei Greci), l’orgoglio che trova una soddisfazione nell’abbassamento degli altri, l’egoismo che pone sè e i propri interessi al di sopra di ogni altra cosa al mondo e decide in proprio favore qualunque dubbia questione: — ecco altrettanti vizi morali che costituiscono un’indole malvagia e odiosa; essi non rassomigliano in questo ai difetti personali prima ricordati, che non sono immoralità nel senso