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capitolo terzo. 67

sero, non si tratterebbe più di originalità. Il primo servigio che la originalità deve rendere a tali spiriti, è di aprir loro gli occhi; è fatto questo, e fattolo bene, essi pure avran qualche speranza di diventare originali. Frattanto, questi poveri di spirito si ricordino che nulla ancora fu fatto senza che qualcuno abbia cominciato, che tutto quanto esiste di bene è frutto dell’originalità; e siano modesti abbastanza per credere ch’essa ha qualcosa ancora da fare, e per convincersi che, quanto meno sentono il bisogno di originalità, tanto più essa è loro necessaria.

La verità è che, per grandi che siano gli omaggi onde si pretenda onorare, o si onori anche, la superiorità intellettuale, vera o supposta, la tendenza generale delle cose nel mondo è di fare della mediocrità la potenza dominante.

Nella storia antica, nel medio evo, e, in un grado minore, durante il lungo passaggio dalla feudalità ai tempi moderni, l’individuo era per sè stesso una potenza, e, s’egli aveva o un ingegno straordinario o una condizione sociale elevata, la potenza era considerevole. Oggi, gl’individui sono perduti nella folla. In politica, è quasi banale il dire che oggi il mondo è governato dalla pubblica opinione; il solo potere che merita davvero nome di potere è quello delle masse o quello dei governi, che si fanno strumenti delle tendenze e degl’istinti delle masse. Questo è così vero per le relazioni morali e sociali della vita privata come per le pubbliche convenzioni. Quello che si chiama opinione pubblica non è sempre l’opinione delle stesse specie di pubblico: in America, il pubblico è tutta la popolazione bianca, in Inghilterra, semplicemente la classe media; ma si tratta sempre di una massa, vale a dire di una mediocrità collettiva.

E — novità ancora più grande — oggi la massa non si forma un’opinione sull’autorità dei dignitari della Chiesa o dello Stato, di qualche capo ostensibile o di qualche libro; la sua opinione è fatta da uomini press’a poco della sua levatura, che, per mezzo dei giornali, si rivolgono ad essa o parlano in suo nome sulla questione del momento.

Io non lamento tutto questo, non affermo che nulla di meglio sia compatibile, come regola generale, coll’umile stato attuale dello spirito umano. Ma questo però non toglie che il governo della mediocrità sia un governo mediocre: mai il governo d’una democrazia o d’un’aristocrazia numerosa è giunto ad elevarsi al di sopra della mediocrità, sia pei suoi atti politici, sia per le opinioni, le qualità, il genere di spirito pubblico a cui esso dà vita, tranne là dove la folla sovrana (come ha fatto sempre nelle sue epoche migliori) si è lasciata guidare dai consigli e dall’influenza d’una minoranza o di un uomo più colto e più riccamente dotato. L’iniziativa di tutte le cose saggie e nobili dee venir