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62 | la libertà |
una macchina a vapore. Se un uomo ha degl’impulsi non solo suoi propri, ma forti e posti sotto il controllo di una potente volontà, esso ha un carattere energico. Chiunque pensi che non si debba incoraggiare la manifestazione e lo sviluppo dell’individualità nei desideri e negl’impulsi, deve sostenere altresì che la società non ha bisogno di nature forti, che essa non trae vantaggio alcuno dal racchiudere un gran numero di uomini di carattere, e che infine non è desiderabile di vedere la media degli uomini possedere molta energia.
Nelle società nascenti, queste forze sono forse senza proporzione col potere che la società possiede di disciplinarle e di sorvegliarle: vi fu un tempo in cui l’elemento di spontaneità e d’individualità dominava in modo eccessivo, e in cui il principio sociale doveva con esso sostenere delle fiere battaglie.
La difficoltà allora era condurre degli uomini potenti di corpo o di spirito a subire delle regole che pretendevano controllare i loro impulsi. Per vincere questa difficoltà, la legge e la disciplina (per esempio, i papi in lotta cogl’imperatori) proclamarono il loro potere su tutto quanto l’uomo, rivendicando il diritto di sorvegliarne tutta íntera la vita, allo scopo di poterne sorvegliare il carattere, per frenare il quale la società non sapeva trovare altro mezzo. Ma la società oggi ha piena ragione dell’individualità, e il pericolo che minaccia la natura umana non è più l’eccesso, bensi il difetto di impulsi e di gusti personali. Le cose sono ben mutate dal tempo in cui le passioni degli uomini potenti per la loro condizione o per le loro qualità personali erano in uno stato di abituale ribellione contro le leggi e le ordinanze, e dovevano essere rigorosamente vincolate, affinchè tutto quanto li circondava potesse godere di una certa sicurezza; nell’epoca nostra, ogni uomo, dal più elevato al più basso sulla scala sociale, vive sotto lo sguardo di una censura ostile e temuta. Non soltanto per quel che riguarda gli altri, ma anche per quel che tocca loro stessi esclusivamente, l’individuo o la famiglia non si domandano già: «Che cosa preferisco io? Che cosa si attaglierebbe all’indole mia e alle mie attitudini? Che cosa darebbe buon giuoco e le massime probabilità di svolgersi alle nostre più elevate facoltà?» — ma si domandano bensi: «Che cosa conviene alla mia condizione, e che cosa fanno di solito le persone del mio stato e della mia fortuna, o (peggio ancora) che cosa fanno di solito le persone d’uno stato sociale e d’una fortuna al di sopra della mia?» Io non pretendo dire ch’essi preferiscano ciò che il costume prescrive a ciò che loro piace: non vien neppur loro in mente ch’essi possano aver un capriccio per qualcosa che il costume non permetta. Così anche lo spirito è curvato