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capitolo terzo. 59

trattato: la dottrina per cui «il fine dell’uomo, non quale lo suggeriscono vaghi e fugaci desideri, ma quale lo prescrivono gli eterni ed immutabili decreti della ragione, è lo sviluppo più vasto ed armonico di tutte le sue facoltà in un complesso sodo e completo e quindi lo scopo a cui deve tendere incessantemente ogni essere umano, e in particolare quelli che vogliono influire sui loro simili, è l’individualità nel potere e nello sviluppo.» A questo due cose sono necessarie: «La libertà e una varietà di condizioni». La loro unione produce il vigore individuale e la diversità multipla che si fondono nella originalità»1.

Tuttavia, per nuova e sorprendente che possa sembrare questa dottrina humboldtiana, che dà tanto valore all’individualità, la questione non è dopo tutto ci si pensi bene che una questione di più o di meno. Nessuno suppone che la perfezione della natura umana sia di copiarsi esattamente gli uni gli altri; nessuno afferma che il giudizio o il carattere particolare di un uomo non debba entrar per nulla nella sua maniera di vivere e di curare i suoi interessi. E d’altra parte sarebbe assurdo pretendere che gli uomini dovessero vivere come se nulla fosse stato al mondo prima della loro venuta, come se l’esperienza non avesse ancora in nessun caso mostrato che un certo modo di comportarsi è preferibile a un certo altro; nessuno contesta che si debba elevare ed istruire la gioventù in modo da farla approfittare dei risultati ottenuti dall’umana esperienza. Ma è privilegio e condizione propria di un essere umano arrivato alla piena maturanza delle sue facoltà il servirsi dell’esperienza e l’interpretarla a suo modo; tocca a lui scoprire che cosa vi sia, nell’esperienza accumulata, di applicabile alla sua condizione e al suo carattere. Le tradizioni e i costumi degli altri individui sono, fino a un certo segno, delle testimonianze di ciò che l’esperienza ha loro appreso, e questa testimonianza, questa presunzione deve essere accolta con rispetto dall’adulto che noi abbiamo supposto: ma, anzitutto, l’esperienza degli altri può essere troppo limitata, o essi possono averla interpretata male; l’avessero poi anche rettamente interpretata, la loro interpretazione può benissimo non esser conveniente ad un individuo in particolare.

I costumi sono fatti pei caratteri e per le condizioni usuali; e il suo carattere, la sua condizione posson bene non esser fra queste. E quand’anche i costumi fossero buoni in sè stessi, e potessero convenire a questo individuo, un uomo che si adatta al costume semplicemente perchè è il

  1. Della sfera e dei doveri del Governo, di Guglielmo Humboldt.