Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
46 | capitolo secondo. |
le lingue e tutte le letterature abbondano di osservazioni generali sulla vita e sul modo di comportarvisi; osservazioni che ciascuno conosce, che ciascuno ripete o ascolta pienamente consentendo, che si ritengono assiomatiche, e di cui tuttavia in generale non s’impara il vero significato che quando l’esperienza li trasforma per noi in realtà, e quasi sempre a nostre spese. Quante volte una persona, provando un dolore o un contrattempo, non si ricorda qualche proverbio o qualche motto che glie lo avrebbe risparmiato, s’egli ne avesse sempre così bene compreso il significato! Ad onor del vero, per questo vi sono altre ragioni oltre l’assenza di discussione; vi sono molte verità di cui non si può comprendere il senso che quando l’esperienza personale ce l’ha insegnato. Ma anche di quelle il significato sarebbe stato più o meno compreso, se l’uomo fosse stato avvezzo a sentir discutere il pro e il contro dai competenti. La fatale tendenza della specie umana a lasciar da parte una cosa dacché essa non è più messa in dubbio ha causata la metà dei suoi errori: un autore contemporaneo ha descritto bene il sonno profondo d’un’opinione fatta, e fermata nel suo cammino.
«Ma dunque» ci chiederà qualcuno «l’assenza di unanimità è una condizione indispensabile al vero sapere? È necessario che una parte di umanità persista nell’errore perchè l’altra possa comprendere la verità? È una credenza cessa d’esser vera e vitale non appena generalmente accettata? È una proposizione non è mai completamente compresa e sentita, se non si conserva, a proposito di essa, qualche dubbio? E una verità, insomma, perisce non appena gli uomini l’hanno accettata all’unanimità? Il consentimento sempre più generale ed unanime degli uomini alle verità importanti fu sempre considerato come lo scopo più elevato e come il più notevole progresso dell’intelligenza: questa dunque ha una durata insufficiente ad attinger lo scopo? E proprio la pienezza della vittoria è quella che distrugge i frutti della conquista?»
Io non affermo nulla di questo. A misura che l’umanità progredisce, il numero delle dottrine che non son più soggetto di discussione né di dubbio aumenta costantemente e il benessere della umanità si può quasi commisurare al numero e all’importanza delle verità divenute incontestabili. La cessazione su di un punto, poi su di un altro, di qualunque seria controversia è una delle condizioni necessarie al consolidarsi dell’opinione; una consolidazione altrettanto salutare trattandosi di un’opinione giusta, quanto pericolosa e dannosa trattandosi di opinioni errate. Ma, sebbene questa diminuzione graduale delle divergenze di opinioni sia in tutta la forza della parola, necessaria, dappoiché essa è ad un tempo inevitabile e indispensabile, noi non siamo