Pagina:Mill - La liberta, Sonzogno, Milano.djvu/43


capitolo secondo. 43


Lo si vede nella storia di tutte le dottrine morali e di tutte le credenze religiose. Piene di vita e di significato per quelli che le creano e pei, discepoli immediati dei creatori, esse continuano ad esser comprese altrettanto chiaramente, se non più, finchè dura la lotta per dare alla dottrina o alla credenza la supremazia sulle altre. Alla fine, o essa la vince e divien l’opinione dominante, o il suo progresso si arresta: essa conserva il terreno conquistato, ma cessa di estendersi quando l’uno o l’altro di questi due risultati è divenuto evidente, la controversia sul soggetto diminuisce e s’estingue gradualmente. La dottrina ha preso il suo posto, se non come un’opinione accetta all’universale, almeno come una delle sette o delle divisioni d’opinioni tollerate: quelli che la professano l’hanno, in generale, ereditata e non l’hanno adottata; ed essendo divenute allora fatti eccezionali le conversioni da una ad altra dottrina, i loro seguaci si danno ben poca pena per convertire. In luogo d’essere, come da principio, costantemente sul chi vive, sia per difendersi contro il mondo, sia per conquistarlo, essi sono giunti ad una inerte fiducia, e mai, finchè possono, ascoltano degli argomenti contro la loro credenza, nè incalzano i dissidenti (se ve ne sono) con argomenti in favore di essa. Da questo istante si può di solito datare il principio della decadenza del potere vivente di una dottrina.

Noi sentiamo spesso quelli che insegnano le credenze religiose lamentare la difficoltà di far nascere nello spirito dei credenti una concezione viva della verità che essi nominalmente riconoscono, in modo che questa possa influire sui loro sentimenti e avere un reale impero sulla loro condotta. Nessuno si lagna certo di tale difficoltà finchè la credenza lotta ancora per istabilirsi; allora i più deboli combattenti sanno essi pure e sentono lo scopo della lotta, e conoscono il divario che vi è tra le loro dottrine e le altrui. Così pure si può, in quest’epoca in cui la credenza vive, trovare un numero di persone che ne abbiano effettuato i principi fondamentali sotto tutte le forme del pensiero, che li abbiano esaminati e pesati sotto tutti i loro aspetti importanti, e che abbian provato, quanto al carattere, tutto l’effetto che la fede in tale dottrina doveva produrre su di uno spirito profondamente di essa penetrato. Ma quando essa è passata allo stato di credenza ereditaria ed è accettata passivamente e non attivamente, quando lo spirito non è più così strettamente obbligato a concentrare tutte le sue facoltà sulle questioni che la sua credenza gli pone, v’è una tendenza crescente a non ritenere che le formule della credenza stessa o anche a darvi un assenso inerte e indifferente. Si crede che lo accettarla come materia di fede esoneri dal praticarla in coscienza o dal farne la prova colla esperienza personale; e infine viene un momento in cui