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capitolo secondo. | 39 |
cata sia falsa, dovrebbe però esser colpita dall’idea che, per vera che sia quest’opinione, la si considererà come un dogma morto e non come una verità viva e vitale, se non la si può discutere completamente, arditamente e di spesso.
C’è una classe di persone (fortunatamente non proprio così numerosa come un tempo) a cui basta che gli altri si schierino fra i loro seguaci, anche quando essi non conoscano punto i motivi di questa opinione e siano incapaci di difenderla contro le obbiezioni più superficiali. Quando tali persone sono giunte a far insegnare dall’autorità il loro credo, esse pensano naturalmente che dal permetterne la discussione non può derivare che male. Dovunque domina la loro influenza, rendono quasi impossibile di confutare con saggezza e cognizione di causa l’opinione comune, sebbene si possa ancora confutarla inconsideratamente e con ignoranza, poichè impedire completamente la discussione è impossibile; e se essa giunge a farsi strada, alcune credenze che non sono fondate sulla persuasione cederanno facilmente davanti alla più leggiera parvenza d’argomento. Ora, pure escludendo anche questa possibilità, pure ammettendo che l’opinione vera rimanga nello spirito; se essa vi rimane allo stato di pregiudizio, di credenza che non iscaturisce da un’argomentazione nè dalla prova di una argomentazione, non è questo il modo con cui un essere ragionevole deve professare la verità. La verità così professata non è che una superstizione di più che per caso si appiccica a parole enuncianti una verità.
Se l’intelligenza e il giudizio della specie umana debbono essere coltivati — una cosa che almeno i protestanti non negano — queste facoltà non si possono meglio esercitare che su argomenti i quali interessano l’uomo tanto da vicino, da ritenersi necessario per lui di avere delle opinioni in proposito. Se la coltura del nostro giudizio deve preferire l’una piuttosto che l’altra cosa, preferirà sopratutto di conoscere i motivi delle nostre opinioni. Tutto quel che pensa sopra argomenti intorno ai quali il pensar giusto è della massima importanza, si dovrebbe almeno saper difendere contro le obbiezioni comuni. Qualcuno per altro ci dirà forse: «S’insegnino pure agli uomini i motivi delle loro opinioni. Poichè non si sono mai sentite discutere, non se ne può dedurre che esse saranno nella memoria soltanto e non nell’intelligenza. Coloro che imparano la geometria non fanno che imparare i teoremi, ma comprendono ed imparano al tempo istesso le dimostrazioni: e sarebbe assurdo dire che essi rimangono ignoranti dei principi delle verità geometriche perchè non li sentono mai negati e neppure discussi.» Senza dubbio alcuno, un insegnamento di questo genere basta per un argomento come le scienze matematiche, in cui nulla affatto vi è a