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capitolo secondo. | 31 |
deva in dovere di non lasciare che la società si dissolvesse e non vedeva come, se si toglievano i legami esistenti, se ne sarebbero potuti formare degli altri capaci di rattenerla. La nuova religione mirava apertamente a spezzar questi legami; dunque, a meno che non fosse suo dovere di adottar questa religione, sembrava che fosse suo dovere di distruggerla. Dal momento che la teologia del cristianesimo non gli sembrava vera nè d’origine divina, dal momento che egli non poteva credere a questa strana istoria d’un Dio crocifisso, nè prevedere che un sistema riposante su di una simile base avesse l’influenza rinnovatrice che si sa, il più dolce e il più amabile dei filosofi e dei sovrani, guidato da un solenne sentimento del dovere, fu costretto a permettere la persecuzione del Cristianesimo.
A mio vedere, è questo uno dei fatti più tragici della storia. E triste di pensare come avrebbe potuto esser diverso il nostro cristianesimo, se la fede cristiana fosse stata adottata come religione dell’Impero da Marco Aurelio invece che da Costantino. Ma sarebbe ingiustizia e falsità ad un tempo il negare che Marco Aurelio, per punire come fece la propaganda cristiana, abbia avuto dalla sua tutte le scuse che si possono addurre per punire le dottrine anti-cristiane. Un cristiano crede fermamente che l’ateismo sia un errore e un principio di dissoluzione sociale; ma Marco Aurelio pensava lo stesso del Cristianesimo: egli, che di tutti i viventi allora si sarebbe potuto credere il più capace di apprezzarlo. Dunque, ogni avversario della libertà di discussione si astenga dall’affermare, ad un tempo, l’infallibilità propria e quella della moltitudine, come fece con sì miser risultati il grande Antonino, se non si lusinga d’essere più saggio e più buono di Marco Aurelio, più profondamente versato nella sapienza del proprio tempo, d’uno spirito che meglio di quello si elevi sull’ambiente, di maggior buona fede nella ricerca della verità o di più sincero attaccamento alla verità una volta trovata.
Riconoscendo l’impossibilità di difendere le persecuzioni religiose con argomenti che non bastano a giustificare un Marco Aurelio, i nemici della libertà religiosa accettano talvolta, quando sono messi proprio alle strette, questa conseguenza; e dicono col dottor Johnson che i persecutori del cristianesimo erano nel vero, che la persecuzione è una prova cui la verità deve attraversare e attraversa e sempre con successo, dappoichè, alla fin dei conti, le penalità legali sono senza forza contro la verità, sebbene siano talvolta utili contro errori dannosi. Questa forma dell’argomento in favore dell’intolleranza religiosa è notevole abbastanza perchè ci si trattenga un momento.
Una teoria la quale sostiene che è lecito perseguitare la verità, perchè la persecuzione non le fe danno, non si può