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a cagione del modo con cui lo trattarono. I sentimenti che animano oggi la specie umana a proposito di questi dolorosi avvenimenti, la rendono estremamente ingiusta nel loro giudizio sugli sciagurati attori.

Questi, secondo ogni apparenza, non erano peggiori della generalità degli uomini: erano all’incontro uomini che possedevano in modo completo, più che completo forse, sentimenti religiosi, morali e patriotici del loro tempo e del loro paese; di quegli uomini insomma che sono fatti in ogni tempo, compreso il nostro, per traversar la vita rispettati e senza macchia. Quando il gran sacerdote si stracciò gli abiti sentendo pronunciar le parole che, secondo le idee del suo paese, costituivano il più nero dei delitti, la sua indignazione e il suo orrore erano probabilmente così sinceri, come oggi i sentimenti morali e religiosi professati dalla generalità delle persone pie e rispettabili. E molti di quelli che ora fremono della sua condotta, avrebbero agito esattamente allo stesso modo, se avessero vissuto in quell’epoca, e fossero stati ebrei. I cristiani ortodossi che son tentati a credere uomini assai peggiori di loro quelli che lapidarono i primi martiri, dovrebbero ricordarsi che san Paolo fu tra questi persecutori.

Aggiungiamo ancora un esempio: quello che colpisce più di tutti, se è vero che l’errore fa tanto maggiore impressione quanto più grande è la saggezza e la virtù di chi lo commette. Se mai un monarca ebbe ragione di credersi migliore e più illuminato di chiunque fra i suoi contemporanei, fu l’imperatore Marco Aurelio. Padrone assoluto di tutto il mondo civile, egli dimostrò per tutta la vita non solo la più pura giustizia, ma anche ciò che meno si sarebbe atteso dalla sua educazione stoica il cuore più tenero.

I pochi errori che gli si attribuiscono vengono tutti dalla sua indulgenza, mentre i suoi scritti, le più elevate produzioni morali dell’antichità, differiscono appena, se pure ne differiscono, dai più caratteristici insegnamenti di Cristo. Quest’uomo, miglior cristiano in tutto, tranne che nel senso dogmatico della parola, della maggior parte dei sovrani ostensibilmente cristiani che regnarono poi, perseguitò il cristianesimo. Padrone di tutte le precedenti conquiste dell’umanità, dotato d’una intelligenza aperta e libera e d’un carattere che lo portava a compenetrare nei suoi scritti morali l’ideale cristiano, egli tuttavia non vide che il cristianesimo, coi doveri di cui era così profondamente penetrato, era un bene e non un male pel mondo.

Egli sapeva che la società d’allora era in uno stato deplorevole. Ma per deplorevole che fosse, egli vedeva o credeva di vedere ch’essa non si poteva con sicurezza salvare da uno stato anche peggiore, se non colla fede e col rispetto per gli dei tradizionali. Come sovrano egli si cre-