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18 la libertà

tentiamo di privar gli altri del loro o di porre ostacoli ai loro sforzi per ottenerlo. Ognuno è il custode naturale della sua propria salute, sia fisica, sia intellettuale e spirituale; e la specie umana guadagna di più a lasciar che ciascuno viva come meglio gli sembra, che a costringerlo a vivere come sembra meglio a tutti gli altri.

Sebbene questa dottrina non sia affatto nuova, e possa a qualcuno sembrare una verità evidente, non ve n’è certo altra che sia più diametralmente opposta all’opinione e al costume oggi esistenti. La società si è data tanta cura per tentare (secondo i suoi criteri) di costringere gli uomini a seguir le sue nozioni di perfezione personale, quanto per veder di obbligarli a seguire le sue idee in fatto di perfezione sociale. Le antiche repubbliche si credevano in diritto (e i filosofi dell’antichità appoggiavano la loro pretesa) di regolare, di pubblica autorità, tutta la condotta privata, sotto pretesto che la disciplina fisica e morale di ciascun cittadino è cosa la quale interessa profondamente lo Stato. Questo modo di pensare poteva essere ammissibile in piccole repubbliche circondate da potenti nemici ed in pericolo continuo di essere rovesciate o da un attacco esteriore o da un sommovimento interno. A simili stati poteva così facilmente cagionar danno che l’energia e l’impero degli uomini su loro stessi si allentassero anche per un solo istante, che non era ad essi lecito di attendere gli effetti salutari e permanenti della libertà. Nel mondo moderno, la maggior importanza delle comunità politiche, e sopratutto la separazione dell’autorità religiosa dalla civile (ponendo la direzione della coscienza dell’uomo in mani diverse da quelle che sorvegliavano i suoi affari temporali) impedirono un intervento così grande della legge nei particolari della vita privata; ma, a dire il vero, l’individuo non vi fece un gran guadagno: l’autorità spirituale si pose a regolare tutti i particolari abbandonati dalla temporale: l’uomo fu allora stretto anche più da vicino in quanto lo riguarda, poichè la religione (l’elemento d’autorità morale fino ad oggi più potente) fu quasi sempre governata o dall’ambizione di una gerarchia che aspira a guidare tutta la condotta umana o dallo spirito di puritanismo. Qualcuno di quei riformatori moderni, che con maggior veemenza hanno dato l’assalto alle religioni del passato, non sono per nulla affatto rimasti addietro nè alle chiese nè alle sette, nella loro affermazione del diritto di autorità spirituale; citeremo in ispecie Augusto Comte, il cui sistema sociale, quale ei lo espone nel suo Sistema di politica positiva, mira a stabilire (piuttosto, è vero, con mezzi morali che con mezzi legali) un dispotismo della società sull’individuo, che supera tutto quanto hanno potuto imaginare i più rigidi tra i filosofi antichi in fatto di disciplina.