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102 | la libertà |
che loro stessi e non deve dipendere che dal loro giudizio. A prima vista può sembrare che queste considerazioni condannino la scelta delle bevande spiritose come soggetto speciale d’imposta a scopi fiscali. Ma bisogna ricordarsi che l’imposta a questo scopo è assolutamente inevitabile, che in molti paesi essa deve essere in gran parte indiretta, che per conseguenza lo Stato non può fare altro che imporre tasse su certi generi di consumazione, in un modo che per qualche persona può giungere fino alla proibizione. È dunque dovere dello Stato di esaminare, prima di mettere delle tasse, di quali derrate i consumatori possano più facilmente fare a meno, e a fortiori di scegliere quelle che, a suo parere, possono essere dannose se l’uso non ne è moderatissimo. Per questo è non soltanto ammissibile, ma lodevole il mettere sulle bevande spiritose l’imposta più elevata, dato che lo Stato abbia bisogno di tutto il gettito di tale imposta.
La questione di sapere se convenga fare della vendita di queste derrate un privilegio più o meno esclusivo, deve essere diversamente risoluta secondo i motivi a cui si vuole subordinata la restrizione. Occorre la sorveglianza d’una polizia in tutte le pubbliche vendite, e specialmente in quei luoghi dove si macchinano volentieri delle offese contro la società. Dunque, è conveniente non accordare il permesso di vendere queste derrate (per lo meno quelle da consumarsi sul luogo) se non a persone la cui rispettabilità di condotta sia conosciuta e garantita; si deve, oltre a ciò, regolare le ore di apertura e di chiusura come la sorveglianza pubblica esige, e ritirare il permesso quando si commettano a più riprese delle violazioni della pubblica pace, grazie alla connivenza o all’inettitudine di colui che tiene la casa, o quando questa casa divenga il ritrovo di gente che si ribella alla legge. Io non trovo nessun’altra restrizione giustificabile come principio. Per esempio, la limitazione del numero delle bettole per renderne l’accesso più difficile e diminuir le tentazioni, non soltanto espone tutti quanti ad una seccatura, solo perchè qualcuno abuserebbe della facilità, ma ancora non conviene se non ad uno stato della società in cui le classi lavoratrici siano apertamente trattate come si tratterebbero dei ragazzi o déi selvaggi, e poste sotto una educazione disciplinata, fatta per preparare la loro futura ammissione ai privilegi della libertà. Questo non è il principio secondo cui le classi operaje sono governate in qualunque libero paese, e chiunque stima al suo giusto valore la libertà non consentirà mai che esse siano governate a quel modo, a meno che per adattarli alla libertà e governarli come uomini liberi, non si sia fatto, invano, ogni tentativo e non si abbia avuto la prova definitiva che esse non si possono governare se non come ragazzi. La semplice esposizione dell’alternativa di-