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VI


3.° Perchè anche questa volta la dose del biasimo che mi aveva destinata fosse la più forte possibile, non si limitò al mio progetto di una strada a guide di ferro da Venezia a Milano, ma lo estese anche alla mia condotta verso la Commissione fondatrice dell’impresa, prima del mio ritorno in Italia, prima che io avessi accettato l’incarico d’ingegnere in capo. E quanto al progetto, non istette alla stampa di esso, la sola resa di diritto pubblico, la sola sopra di cui la critica ha diritto di far esami e censure, perchè questi sono scrupoli di convenienza e di giustizia da strette coscienze, da piccole menti; ma penetrò nel secreto del mio studio per iscoprirvi, notare, censurare tutto quello che io stesso aveva da me in quel progetto censurato e condannato; penetrò nei consigli privati della Direzione e delle Commissioni esaminatrici di Milano e di Venezia per propalar poi, come errori imperdonabili, le pochissime cose in quel progetto mutate durante gli esami della Direzione e delle Commissioni, o spontaneamente da me per miglior mio consiglio, o per effetto di nuove osservazioni od esperienze fatte sulle altre strade di ferro, o per prescrizioni delle Commissioni esaminatrici.

E dopo tutto questo, parendogli ancora stretto il campo del biasimo a petto dell’immenso di lui desiderio di biasimare, fece in brani i miei scritti e quelli d’altri, poi accozzò insieme questi brani per modo da tirarli ad appoggiare quello che più voleva. — Asserì, senza curarsi di provar punto — insinuò sospetti — sparse dubbi — sopra lo stesso tema mi diede due accuse, e contrarie, così almeno erano due in luogo di una — svisò molti fatti — e, perchè nulla mancasse, alcuni ne creò da sè.

4.° In somma, io non ho nè mente, nè esperienza, nè diligenza, nè studio, e per di più ho trascurato i di lui consigli, non ho curato i di lui aiuti.

Pure alla fine, tra Brescia e Milano, conchiude come io concludo. — Conclude cioè:

Che bisogna andar dritti per Chiari e Treviglio;

Non temere le concorrenze, e lasciar fare, se pur vi è chi voglia seriamente fare;

Se Bergamo farà altra cosa che il ramo di strada di ferro tra Bergamo e Treviglio farà danno a sè;


    sta nuova materia delle strade a ruotaie di ferro, fu anche presso l’I. R. Governo di Lombardia nominata l'apposita Commissione ad esame preventivo dei progetti e delle domande di concessione per simili opere.
     «Essa componesi di un I. R. Consigliere dello stesso Governo e di altro dell’I. R. Magistrato Camerale, non che di un tecnico civile, appartenente all’I. R. Direzione delle pubbliche costruzioni, di un ufficiale dello Stato Maggiore Generale dell’esercito e di un delegato mercantile membro della Camera di Commercio di questa città. Ne è presidente l’I. R. Consigliere Aulico incaricato della Vice-Presidenza dello stesso» Governo.
     » A tale Commissione venne nello scorso febbraio abbassato, con l’organo del ripetuto I. R. Governo, il progetto della grande strada a doppie ruotaje da Milano a Venezia per opera della società d’azionisti Sovranamente» abilitata.
     Per benigna Vicereale concessione fu anche accordato l’intervento presso la suddetta Commissione al signor Giovanni Milani ingegnere in capo della società, perchè, come autore del progetto» fosse opportunamente m sentito.
     Gli studii della ridetta I. R. Commissione governativa avendo condotto agli stessi estremi dedotti nel progetto, venne questo, dopo le più mature e convenienti considerazioni anche sopra di ogni altro suo elemento reputato degno di voto favorevole.
     Ora esso già trovasi sotto l’esame di una eguale Commissione a Venezia, per la parte dal Mincio in poi dipendente da quell’I. R. Governo.
     Queste notizie, che si portano a soddisfacente conoscenza del pubblico e degli interessati, valgano d’altronde a solenne rettificazione di qualsiasi erronea falsa asserzione in contrario».
     Nuove critiche mi diresse nell’altro fascicolo N.° 18 del Politecnico, alla pagina 583, sotto il titolo: Nuovo progetto di una strada ferrata da Milano a Como.
     Forse ve ne saranno delle altre, e se io qui non le allego, non è certamente per far torto alla fama che da esse può derivare al dottore Cattaneo; ma perchè, rimettendomi intieramente al di lui zelo pel pubblico bene, e al di lui ardore nel censurarmi, io non leggo delle di lui censure che quelle che mi cadono a caso sotto gli occhi.