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trata in grandi masse. La luce si diffonde in ragione inversa dei quadrati delle distanze; colla luce riunita in masse, anziché divisa in fiammelle, si corre quindi tra questi due scogli: o di abbagliare i vicini se la massa è grande; o di lasciare all’oscuro i lontani se la massa è piccola.

130. ° Questo modo d’ illuminare il ponte è la prima delle mie follie: ecco in proposito le parole del dottore Cattaneo (pagina 36):

"Quanto al gas, non vale la fatica di pensarvi; la strada ferrata o non si percorrerà di notte, o se si dovesse illuminare in tutta la sua lunghezza lo stesso mezzo servirebbe anche al ponte.

"Ad illuminare un rettilineo scoperto meglio varrebbe, e meno costerebbe, un solo faro a gas, giovevole anche alle barche sui vicini canali".

La strada si potrà percorrere benissimo di notte, perchè se ne percorrono tante altre, e in Italia si potrà percorrerla di notte con più opportunità, con più facilità e con più comodo che altrove.

Poi confonde, a dirittura, il ponte della Laguna con tutta la strada: la strada che non può essere percorsa da pedoni nè di giorno, né di notte, che non ha bisogno di essere sorvegliata dalla Finanza, col ponte di Venezia dove vi sono macchine locomotive e pedoni, pedoni di notte e di giorno, sorveglianza indispensabile della Finanza pel porto franco; e con questo bel confronto, con questa bella parità di circostanze vorrebbe far dipendere l’illuminazione del ponte della Laguna dalla illuminazione a gas di tutta la strada da Venezia a Milano.

Infine, col suo faro a gas, vorrebbe abbacinare i vicini, e lasciar nelle tenebre i lontani.

131.° Vien dopo l’acquidotto: sotto i due camminapiedi, e tra la fabbrica del ponte, sono collocati due acquidotti di pietra viva, larghi un metro, profondi cinquantatrè centimetri; proprio come è fatto in tutti gli acquidotti romani, e in tutti gli acquidotti che furono costruiti dai Romani in poi.

Nel luogo del ponte girevole, l’acqua continua il suo cammino verso Venezia per tubi di ferro collocati in una botte, o tunnel, proposto sotto il fondo della Laguna.

Qui il dottore Cattaneo incomincia col dire "che ho combinato col ponte l’antico progetto di un acquidotto" (pagina 33), per dar ad intendere che esistesse un progetto esecutivo per l’acquidotto, del quale io mi sia poi servito, combinandolo col ponte. Anche questo non è vero: per l’acquidotto non esisteva alcun progetto nè antico, nè moderno. Non esisteva che un desiderio manifestatomi nel 1837 dal signor podestà di Venezia conte Boldù, d’onorata memoria.

E in fine conclude che l’accozzamento delle due imprese (intende l’acquidotto e la strada di ferro sul ponte) richiederebbe una così esuberante solidità che forse sarebbe men diffìcile il fare due separate operazioni;

cioè costruire due ponti attraverso alla Laguna, uno per la strada e l’altro per l’acquidotto, e spendere due volte parecchi milioni.

Chi esitasse a crederla, sentendola così smisurata, abbia la bontà di leggerla alla pagina 34 della Rivista.

Il dottore Cattaneo, purché si faccia il contrario di quello che io ho detto, purché si dica che quello che ho proposto va male, proporrebbe non due, ma quattro ponti sulla Laguna, e troverebbe utile che si spendessero non dieci, ma anche venti milioni.

E poi ci vuol far credere che tutto quello che si è detto e fatto di buono per la strada di ferro da Venezia a Milano, è fatto ed è detto da lui!!