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zioni di brevità di cammino, di opportunità di difesa, di conservazione dei canali e del porto, è quella sola che si stende tra il canale Colombola ed il forte di Marghera. Il voler fare confronti, fare scialacquo di poesia e di eloquenza per venire ad una simile conclusione, se può giovare a chi scrive nei giornali, pagato un tanto al foglio, confonde l’opinione pubblica, e fa perdere il tempo a chi legge per istruirsi.

120:° E tanto è vero che quella parte di Laguna è a tutti additata dalla natura dei luoghi per congiugnere Venezia al continente, mediante la costruzione di un ponte, che fino dall’anno 1830, senza tanti confronti, senza tanta eloquenza, si parlò di costruire, attraverso di essa, un ponte con pile di pietra ed arconi di legno, del quale io ho veduto un modello presso il di lui autore, l’ingegnere signor Pietro Baccanello di Venezia, che ebbe la bontà di mostrarmel; e del qual ponte parla anche il signor cavaliere Pietro Paleocapa, I. R. direttore delle pubbliche costruzioni in Venezia, nel di lui rapporto fatto sopra il progetto mio, il 4 maggio, come membro della Commissione veneta civile e militare incaricata di esaminarlo.

Ecco le di lui parole:

«Ora, prendendo ad esame le condizioni cardinali di questo manufatto (il ponte di Ven nezia), osserverò in primo luogo, che quanto alla linea essa non potrebbe essere più opportuna per renderlo innocuo ai riguardi della Laguna. Su questo argomento io non potrei che ripetere quanto ebbi già l’onore di esporre, essendo ingegnere in capo della provincia di Venezia nell’anno 1830 quando una Società di negozianti domandò il permesso di istituire un ponte presso a poco condotto sulla medesima linea. Io feci vedere allora che quand’anche l’ostruzione recata al varco di Laguna colle pile del ponte avesse dovuto essere di gran lunga maggiore di quello che era in fatto, nessun impedimento sensibile veniva arrecato al libero corso della marea. Perchè lungo la linea scelta si stabilisce un partiacqua, non già di quelli che separano i varii bacini della Laguna corrispondenti a diversi porti, ma uno di quei partiacqua subalterni che si determinano nello stesso bacino, dietro ad un’isola, che costringe la corrente così del flusso, che monta, come del riflusso, a dividersi in due. E qui avviene appunto che la marea, che entra pel porto del lido, incontrando prima l’isola di S. Elena, poi la punta orientale di Venezia, si partisce in due rami, uno che viene pel canale di S. Marco, poi per quello della Giudecca, ad invadere la Laguna occidentale di Venezia, volgendosi dal sud verso il nord; l’altro, che, girando per intorno all’arsenale, poi pel canale delle Fondamenta nuove, e pel Tortolo, invade la stessa Laguna dal sud al nord, onde le acque scontrandosi per due opposte direzioni perdono ogni moto. La contraria vicenda avviene a marea discendente, per cui sulla linea del ponte non vi è corrente efficace che lo attraversa. Onde è appunto che non vi siano nemmeno canali, se si eccettui il Colombola suddetto che mantiensi artificialmente a buona profondità per comodo della navigazione».

121.° Qui dunque non vi è inventore di sorta; l’inventore è l’indispensabilità delle tre condizioni, e la chiarezza del fatto e del luogo che vi soddisfa. In tutta la Laguna, tra Venezia e il continente, non vi è un paludo più netto da canali che quello di S. Secondo.

In tutto il lembo del continente, al nord di Venezia, non vi è che il forte di Marghera.

Per quanto io so, il primo che parlò di quella parte di Laguna, per la costruzione di un ponte, fu l’ingegnere Baccanello, poi il cavaliere Paleocapa come ingegnere in capo della provincia veneta, il terzo fu l’ingegnere signor Meduna, il quarto son io; ma non per far torto al sapere dei tre primi, che io assai rispetto, ma non per far pompa di